Berlusconi pacificatore: "Ora conta il referendum poi intesa sui programmi"

L'ex premier sostiene l'unità della coalizione: "Toti da Salvini? Era lì come governatore..."

Berlusconi pacificatore: "Ora conta il referendum poi intesa sui programmi"

Berlusconi smussa le polemiche interne al centrodestra, crede nel rilancio di Forza Italia e prosegue nella strategia del «un passo alla volta»: prima vinciamo il referendum, poi vedremo chi guiderà la coalizione di centrodestra. Nessuna rottura del centrodestra perché, ripete il Cavaliere: «Nessuno vuole mettere in discussione l'alleanza perché soltanto uniti si vince. E questo lo sanno anche gli amici della Lega». Intanto Stefano Parisi, che continua il suo tour quotidiano di Megawatt, graffia il capo del Carroccio: «Dobbiamo finirla con slogan superficiali utili soltanto per la piazza o per finire in televisione - dice dalla sua kermesse di Verona -. Bisogna dare soluzioni chiare e non soltanto blaterare nei comizi. Non è sufficiente dire ruspa e basta immigrati; si governa con i programmi». Ma dopo il bastone arriva anche la carota: «Unità del centrodestra è un valore che si raggiunge se ci sono discussioni tra noi. Litighiamo pure noi prima e poi troviamo un accordo sul programma, vero e profondo. Meglio così che non abbracciarci in campagna elettorale e poi accoltellarsi il giorno dopo la vittoria».

Insomma, il Cavaliere non si straccia le vesti per l'accelerazione di Salvini che, da Firenze, s'è autocandidato premier. È fisiologico e ci sta. Ragiona con pragmatismo, l'ex premier: «Salvini fa un'operazione del tutto legittima». Legittima anche la presenza di Giovanni Toti in piazza: «Era lì come governatore...». E il governatore della Liguria spergiura che Berlusconi non sia per nulla in collera con lui: «A Firenze ho trovato tanti azzurri felici di essere lì con me, escludo che Berlusconi fosse arrabbiato in qualche modo». In ogni caso è probabile che oggi i due si vedano ad Arcore per discuterne più approfonditamente. Certo, il rammarico sarebbe forte se Salvini riuscisse nel suo intento di spaccare gli azzurri lanciando l'Opa su Forza Italia. Un'operazione che per il Cavaliere non andrà in porto perché «adesso Lega e Forza Italia si equivalgono, essendo entrambi al 14%. Ma noi riusciremo a riportare Forza Italia al 18/20% e allora vedremo chi darà le carte nella coalizione». Insomma, l'ex premier è convinto che soltanto un centrodestra unito e a trazione moderata può costituire un'alternativa vincente al centrosinistra e a Grillo.

Che poi è la stessa convinzione di Mister Chili che, quotidianamente sotto i riflettori, lo ripete da mesi. E ieri lo ha ribadito: «Se il centrodestra si affida a una guida radicale, come abbiamo visto a Firenze, si perde. Quella roba lì in Italia non c'è; non è maggioritaria nel Paese. Gli italiani vogliono soluzioni di governo. E noi siamo la maggioranza degli italiani che deve tornare e tornerà a Palazzo Chigi».

Il tema della leadership della coalizione viene scansato o posticipato dagli azzurri. Mariastella Gelmini sintetizza: «Tra Salvini e Parisi c'è di mezzo Berlusconi e io mi sento molto tranquilla, quello sulla leadership del centrodestra è un dibattito sterile».

Allo stesso modo Maurizio Gasparri: «In tanti cominciano a coltivare ambizioni di leadership del centrodestra. Da Salvini a Parisi, scendono in campo e si propongono. Ma senza l'unità dell'intera coalizione non si va da nessuna parte».

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