«Bisogna osare, le idee ordinarie non bastano più». Berlusconi, tornato ad Arcore dopo qualche giorno di riposo a villa La Certosa in Sardegna, si rituffa nel lavoro. E ai suoi disegna i contorni della Forza Italia di domani. Un partito dal programma «rivoluzionario» per abbattere i mali atavici del Paese: fisco esoso, burocrazia asfissiante, giustizia bizantina. E proprio sul programma il Cavaliere insiste per specificare meglio il suo albero delle libertà. «Dobbiamo metter giù delle proposte credibili ma di forte impatto. E non bastano gli slogan. Sulla flat tax, per esempio, la Lega propone il 15 per cento. Non si può fare. È possibile, invece, il 23 per cento». Per trovare la ricetta vincente consulta economisti, fiscalisti, esperti di macroeconomia e, naturalmente, anche i sondaggi. Dal suo vocabolario, in queste settimane, perde quota la parola «moderato» che lascia il posto al termine «rivoluzione»: è quello di cui il Paese ha bisogno e sarà lui a declinarla illustrando il progetto di Forza Italia. Lo farà nei prossimi mesi, a partire da quasi subito. In settimana, infatti, sono previste alcune interviste ai telegiornali. «Tornerò in tv. La mia presenza in video è stata determinante sia per il successo del No al referendum sulle riforme di Renzi, sia per la vittoria alle ultime amministrative».
Sebbene il Cavaliere parli di «rivoluzione» più che di «moderatismo», la sua creatura dev'essere radicalmente liberale e non estremista in stile Lega. Anche su questo tema l'ex premier non rinuncia a ricordare che «le nostre radici affondano solide nel campo del popolarismo europeo». Anzi, pare che Berlusconi voglia fare di Forza Italia una sorta di «Ppe italiano». Niente listone unico con la Lega con cui, però, bisogna ritrovare le ragioni di un'alleanza. I rapporti, tuttavia, restano tesi anche e soprattutto per la distanza umana che lo divide da Salvini. Il quale, agli occhi di Berlusconi, mostra un deficit di rispetto nei suoi confronti. La partita con l'alleato è però destinata a durare a lungo posto che di legge elettorale se ne tornerà a parlare dopo l'estate.
E prima di quell'appuntamento non mancheranno le solite scaramucce a distanza tramite comunicati stampa o interviste sui giornali. Nei rispettivi campi c'è chi smussa e lavora per la ricomposizione della coalizione. Sono i cosiddetti «pontieri» che lavorano senza sosta per evitare strappi definitivi. Uno di questi, per interesse personale, è il governatore della Lombardia Roberto Maroni che punta alla ricandidatura al Pirellone. «La Lega ha ancora bisogno di Forza Italia», dice un anonimo berlusconiano. Che poi ragiona così: «Nel Carroccio c'è sempre stata la Lega di lotta e di governo. Salvini rappresenta quella di lotta ma quella di governo ragiona sempre in termini di alleanza con noi».
Stesso pensiero di quello che rappresenta una vera e propria spina nel fianco di Salvini: il movimento «Grande Nord» che ha da poco emesso il suo primo vagito sotto la benedizione di Bossi. Temi forti: giustizia fiscale e soprattutto federalismo. Bandiera ammainata da Salvini.
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