La crisi politica congela e mette un'ipoteca sugli interventi più urgenti del governo. Inflazione, salari, energia, fisco. Miliardi di euro ballano su un esecutivo dimissionario che dovrebbe varare provvedimenti per disinnescare emergenze cruciali per il Paese. Confartigianato calcola che a rischio ci sarebbero 49,5 miliardi di euro, pari a 2,5 punti di Pil, e 253mila posti di lavoro. «Il Paese e gli imprenditori rischiano di pagare un prezzo altissimo a causa dell'incertezza legata alla crisi di governo. Serve uno straordinario senso di responsabilità da parte di tutte le forze politiche per assicurare governabilità e stabilità, indispensabili in una fase economica e sociale così difficile».
Il provvedimento più urgente, dopo il decreto Aiuti approvato dal Senato che di fatto ha aperto la crisi, sarebbe quello a cui stavano lavorando Palazzo Chigi e Mef e che era atteso per fine mese. Il nuovo decreto luglio, un'iniezione da 10 miliardi di euro, possibile grazie a un assestamento di bilancio da 8,5 miliardi, per prorogare il taglio delle accise sulla benzina, il bonus bollette, i crediti d'imposta per le imprese energivore e gasivore. Sul tavolo anche un intervento anti inflazione a sostegno delle famiglie, perché con l'indice che tocca massimi storici, l'8% annuo, c'è da affrontare il conseguente impoverimento degli italiani. Dopo aver ricevuto i sindacati Cgil Cisl e Uil, il governo aveva convocato le associazioni e le confederazioni delle imprese del commercio e dell'artigianato per il 21 luglio. Un confronto anche sui rinnovi contrattuali per contrastare la perdita del potere d'acquisto dei salari, sul taglio del cuneo fiscale, fortemente richiesto dalle categorie produttive e dalla Lega. Sul piatto, in base ai primi ragionamenti del governo, c'era un intervento sui redditi medio-bassi, sotto i 35mila euro. E poi c'è il salario minimo caro ai Cinque stelle, con la proposta del ministro del Lavoro Andrea Orlando di prendere a riferimento lo stipendio minimo dei contratti più rappresentativi di ogni settore. Ci sono la nuova manovra da mettere a punto in vista di un autunno caldissimo, con una possibile campagna elettorale in corso, e l'incognita della tranche estiva da 21 miliardi del Pnrr, con la commissione Ue che deve controllare gli obiettivi raggiunti al 30 giugno per dare il via libera alla rata. Pendono poi le scadenze del Piano di dicembre. Alla Camera c'è il Ddl concorrenza, su cui si stava consumando il braccio di ferro politico sui taxi, con la Lega a sostegno della categoria. C'è il Fisco: in ballo la delega fiscale, su cui la maggioranza si era spaccata più volte. Approvata dalla Camera dopo accesi scontri sul su Catasto, ora è commissione Finanze del Senato. Contiene i tagli Irpef per i redditi medio-bassi e il superamento dell'Irap. Secondo i calcoli di Confartigianato, con la crisi politica oltre agli 11 miliardi di interventi contro il caro-energia, "famiglie e imprese pagherebbero anche 3 miliardi in più per il rialzo dei tassi di interesse sui prestiti bancari, dovremmo rinunciare a 3,9 miliardi di effetto espansivo della legge di bilancio 2023, mentre peserebbe per 3,6 miliardi la deviazione dal sentiero di riduzione della pressione fiscale".
E ancora, "il blocco dei crediti fiscali per i bonus edilizi peserebbe per 5,2 miliardi sulle imprese con la perdita di 47mila occupati e la minore domanda di lavoro e i mancati effetti espansivi della politica fiscale potrebbero mettere a rischio oltre 206mila persone, con un effetto recessivo complessivo su 253mila posti di lavoro".
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