La "black list" dei libri: le università inglesi rinunciano ai capolavori

Mille titoli esclusi: offensivi, cruenti, diretti Depennati pure Shakespeare e Agatha Christie

La "black list" dei libri: le università inglesi rinunciano ai capolavori

Londra - Un libro parla troppo esplicitamente della schiavitù? Meglio evitarlo. Un altro affronta il tema del suicidio? Magari se ne trova uno meno impegnativo. Ci sono persino William Shakespeare, Jane Austen, Charlotte Brontë, Charles Dickens e Agatha Christie tra gli scrittore che 140 università britanniche ritengono autori di testi «pericolosi» per gli studenti, tanto da depennarli dalle varie liste di lettura consigliate dei corsi di letteratura o almeno da renderli facoltativi per gli studenti che potessero ritenersi offesi dal loro contenuto o troppo emotivi per affrontare un simile percorso formativo.

È quanto ha scoperto il quotidiano Times in seguito ad una difficile inchiesta investigativa che ha portato alla luce risultati sconcertanti. Dopo aver mandato quasi 300 richieste ufficiali a 140 università del Paese sui libri di testo che sono stati rimossi dalle liste di lettura, due atenei, quello dell'Essex e del Sussex, hanno ammesso di aver messo tolto determinati testi per timore che potessero essere offensivi per gli allievi. Altre otto, incluse quelle Warwick, Exeter e Glasgow non li hanno banditi, ma trasformati in letture opzionali «per proteggere il benessere degli studenti». Già in passato alcuni atenei erano stati molto criticati per aver messo in guardia i loro iscritti dalla lettura di alcuni libri e sempre il Times ha trovato più di un migliaio di esempi da citare nei vari corsi per laureandi, sebbene il quotidiano abbia avuto molti ostacoli in quest'inchiesta. Le autorità accademiche hanno tentato di bloccarla in ogni modo - affermano al Times - per esempio invitando sui social media i docenti a non rispondere alle richieste presentate dai giornalisti. «Alcune università- racconta l'articolo - non hanno voluto fornire alcuna informazione per paura che queste avessero un impatto negativo sul personale universitario». Timore fondato in realtà, poiché apprendere che The Underground Railroad, il racconto di Colson Whitehead, vincitore del Premio Pulitzer, viene considerato pericoloso per la sua descrizione troppo incisiva della schiavitù americana, da effettivamente da pensare. «Un tentativo fatuo, paternalistico e profondamente razzista», l'ha definito Trevor Phillips, presidente di Index on Censorship, un gruppo contro la censura che ritiene la politica messa in atto dagli atenei parte di «un'ondata più ampia di censura esistente nei campus britannici». Una strategia che affonda le sue radici in quella «cancel culture» che, soprattutto negli Stati Uniti e nel Regno Unito, tende ad azzerare la storia passata nel momento in cui diventa socialmente inaccettabile in tempi attuali. «Ma è importante che le università non dimentichino la storia, anche se risulta scomoda», ha commentato il ministro all'Istruzione James Cleverly, secondo il quale «le persone devono capire gli orrori accaduti in passato, i cambiamenti che ne sono derivati, come le cose sono migliorate e quali miglioramenti devono essere ancora fatti». «Ma se si tenta costantemente di nascondere o cancellare gli accadimenti storici, allora è veramente difficile anche comprendere i tanti progressi che sono avvenuti», ha sottolineato.

Il ministro si è detto convinto che gli atenei abbiano «il dovere di proteggere la salute mentale dei propri studenti, ma allo stesso tempo hanno il dovere di aiutarli a mettersi alla prova, a capire il mondo così com'è e non solo come vorrebbero che fosse».

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