L'abbraccio con i familiari, il ritorno a casa dopo 128 giorni di prigionia e guerra a Gaza. Israele aspettava da tempo una buona notizia. L'ha avuta all'alba di ieri, con il salvataggio di due ostaggi israeliani, Louis Har, 70 anni, e Fernando Marman, 61 anni, in una «complessa operazione congiunta», la seconda di queste genere da inizio guerra, di Esercito, intelligence e unità d'élite della polizia anti-terrorismo. Condotta a Rafah, in quel sud della Striscia di Gaza dove il primo ministro Benjamin Netanyahu intende entrare con le truppe di terra, prospettiva che l'Onu giudica «terrificante».
Il blitz, oltre che un enorme sollievo per i parenti dei rapiti e gli ostaggi, trovati «magri e pallidi, ma coscienti», è una manna per Netanyahu. Il ritrovamento dei due israelo-argentini, sequestrati il 7 ottobre al kibbutz Nir Yitzhak e scovati intorno alle 2 in un appartamento al secondo piano di una palazzina a Rafah, protetti dai corpi delle forze speciali mentre l'esercito ingaggiava «una dura battaglia e pesanti scambi di fuoco con i terroristi», conferma due importanti circostanze per Netanyahu. «Solo la continua pressione militare, fino alla vittoria totale, porterà al rilascio di tutti i nostri ostaggi», ha detto il premier. «I battaglioni di Hamas non avranno pace» e 4, secondo Netanyahu, sono ancora attivi a Rafah e vanno eliminati per sradicare Hamas, anche se nemici e alleati d'Israele avvertono del rischio «disastro», di «un bagno di sangue» per i civili ammassati nell'area. Gli sfollati sono 1.4 milioni a Rafah e la Striscia, secondo Hamas, conta già oltre 28mila morti, più di cento nella sola operazione di ieri a Rafah.
L'insofferenza per la linea israeliana cresce, non solo nei Paesi arabi. Pare stia raggiungendo il limite anche alla Casa Bianca, specie sul nodo della protezione dei civili, che Joe Biden ha chiesto in tutti i modi a Netanyahu. Secondo indiscrezione di Nbc, il presidente americano sarebbe talmente irritato dalla strategia militare del premier israeliano da avergli dato dello «stronzo» almeno tre volte nelle sue recenti conversazioni con l'entourage. «Netanyahu sta facendo passare l'inferno a Biden», hanno detto fonti interne all'Amministrazione Usa. Rivelazioni che si sommano a quelle del Washington Post, secondo cui i rapporti tra i due sono sull'orlo della rottura, per via degli appelli alla de-escalation, inascoltati dal premier.
Scintille fra i due leader anche sui colloqui al Cairo con il capo della Cia Burns e il primo ministro del Qatar Al Thani per il rilascio degli altri cento ostaggi vivi ancora a Gaza (Hamas sostiene che altri tre siano morti ieri nei raid). Incalzato dalla destra, che chiede di mandare il capo del Mossad Barbea a Rafah piuttosto che in Egitto «per distruggere i terroristi nazisti», Netanyahu avrebbe deciso infine il via libera per il Cairo. Frustrato per la linea del premier, Biden - secondo il Jerusalem Post - gli avrebbe chiesto di inviare una delegazione «anche se non vedi un orizzonte».
L'annuncio dei piani israeliani su Rafah apre anche la questione dell'invio di armi a Israele. Il capo della diplomazia europea, Josep Borrell, ricorda che l'Ue non lo fa e lancia una frecciata a Biden: «Se credi che troppe persone vengano uccise, forse dovresti fornire meno armi», ha commentato l'Alto rappresentante Ue, dopo aver criticato Netanyahu, perché «non ascolta nessuno e dice che evacuerà i palestinesi. Ma dove sulla luna?».
Proprio ieri, mentre il primo ministro olandese Rutte era in Israele per colloqui con «Bibi» e la leadership palestinese, la Corte d'Appello dell'Aja ha stabilito che il governo olandese dovrà interrompere la fornitura di pezzi di ricambio per i caccia israeliani F-35 entro una settimana, perché le azioni di Israele a Gaza «rappresentano un chiaro rischio di violazione del diritto internazionale umanitario». Il governo olandese presenterà ricorso.
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