Non illudiamoci, Xi Jinping su Taiwan non bleffa. I novanta aerei da combattimento e le undici navi da guerra dispiegati attorno all'isola negli ultimi giorni sono solo la rappresentazione in scala ridotta di quanto vedremo se il presidente cinese vorrà riprendersi Taiwan. Certo l'uso della forza non è l'unica opzione. Un'annessione concordata resta l'obbiettivo preferito. Soprattutto se ad accettarla fosse il Kuomintang, il partito di Taiwan oggi all'opposizione erede di quel Chiang Kai-shek che nel 1948 fondò la Repubblica di Cina. Ma in assenza di un accordo politico con Taipei lo scenario più studiato nelle accademie militari di Pechino resta quello del «blocco strategico».
Il piano - delineato già qualche lustro fa in Scienza della Strategia un testo base per gli ufficiali cinesi - è reso ancor più attuale dalle vicende del conflitto ucraino. Un conflitto in cui la Russia oltre a combattere l'esercito di Kiev deve vedersela con le armi, le tecnologie e i rifornimenti garantiti da Stati Uniti e Nato. Uno scenario che Xi Jinping vuole assolutamente evitare nel caso di annessione forzata di Taiwan.
Proprio per questo il primo atto dell'annessione sarebbe la chiusura dell'isola all'interno di un'insuperabile sbarramento aereo e navale realizzato grazie ai caccia-bombardieri decollati dalle basi cinesi e dalle portaerei in navigazione sul lato orientale dell'isola. Stando al testo di Scienza della Strategia - in cui non si menziona Taiwan, ma solo un ipotetico nemico - il «blocco strategico» è il meccanismo più adatto per chiudere la partita in cinque mosse. La prima è la distruzione dell'economia esterna. Uno scenario abbastanza evidente visto che il blocco impedirebbe qualsiasi commercio con l'estero. La seconda, mossa, direttamente correlata alla prima, punta alla sospensione degli aiuti esterni. In questo modo Taiwan si ritroverebbe a resistere solo con le armi e le munizioni già presenti sull'isola. E altrettanto inevitabile diventerebbe il taglio delle «connessioni militari» ovvero l'impossibilità per gli Stati Uniti di rifornire le unità presenti sull'isola e inviare rinforzi. La quarta e la quinta mossa, basate sul ridimensionamento delle capacità operative di Taiwan con conseguente azzeramento delle capacità di combattimento, diventerebbero inevitabili nel giro di qualche mese.
A differenza di quanto successo in Ucraina, dove l'Operazione Speciale si è trasformata in una devastante guerra di logoramento, Xi Jinping punta, insomma, a vincere senza manco combattere. Ma la strategia di Pechino potrebbe non tener contro di un altro «blocco strategico» concordato dagli Stati Uniti assieme agli alleati regionali di Giappone, Vietnam, India e Filippine.
Quel blocco - disegnato intorno allo strategico stretto di Malacca - finirebbe con il tagliar fuori la stessa Cina dalle rotte commerciali e da quelle dei rifornimenti energetici: E finirebbe con il riproporre scenari ucraini anche sul fronte dell'Indo-Pacifico.
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