«Più che voler smantellare la polizia morale il regime sembra intenzionato a non voler più applicare in maniera sistematica l'obbligo dell'hijab». Per Ali Alfoneh, analista del think tank Arab Gulf States Institute di Washington, «da Teheran arrivano segnali contraddittori che forse indicano la difficoltà di parte della burocrazia ad interpretare le vere intenzione degli ayatollah». Alfoneh sostiene da anni che la Repubblica islamica si sta trasformando in una dittatura militare e queste convulsioni vanno nella direzione che ha esplicitato nei suoi saggi «Iran Unveiled: How the Revolutionary Guards are Transforming Iran from Theocracy into Military Dictatorship» edito da AEI Press nel 2013 e «Political Succession in the Islamic Republic of Iran: Demise of the Clergy and the Rise of the Islamic Revolutionary Guard Corps» nel 2020.
Ma anche il politologo che vive negli Stati Uniti dal 2007 è sorpreso dalle manifestazioni oceaniche dopo la morte di Mahsa Amini, percossa a morte dalla polizia morale e dall'annuncio del procuratore generale Mohammad Jafar Montazeri dello stop all'attività della famigerata Gasht-e-Ershad, la polizia morale, il principale strumento incaricato di far rispettare il codice di condotta dell'Iran che richiede alle donne di indossare l'hijab, abiti lunghi e vieta pantaloncini, jeans strappati e altri vestiti ritenuti immodesti.
Come dobbiamo interpretare la notizia dell'abolizione della polizia morale da parte del regime?
«In questo momento, ci sono molte dichiarazioni contraddittorie da parte di funzionari iraniani riguardo al futuro del Quartier Generale per la Promozione della Virtù e la Prevenzione del Vizio, noto anche come Polizia della Moralità, conosciuto per le sue pattuglie. Le dichiarazioni contraddittorie sono dovute anche allo scarso coordinamento tra le diverse parti della burocrazia del governo iraniano e alla concorrenza tra le varie agenzie della burocrazia in merito all'interpretazione di una direttiva emanata dalle autorità superiori, o al tentativo del regime di fare una concessione ai manifestanti».
Quindi è anche un cedimento nei confronti della piazza?
«Più precisamente l'establishment ha concesso qualcosa ma nello stesso tempo fa tutto ciò che è in suo potere perché non appaia come una concessione. Piuttosto che smantellare la polizia morale o modificare la legislazione sull'hijab, ho l'impressione che il regime non stia più applicando sistematicamente la legge sull'hijab, almeno per il momento».
Questa decisione potrà soddisfare i dimostranti che da mesi manifestano per le strade del Paese?
«A giudicare dai loro slogan, i manifestanti sono radicalizzati e nient'altro che il rovesciamento del regime li soddisferà, ma gran parte della classe media iraniana, che non partecipa alle proteste di piazza, potrebbe accogliere favorevolmente questa misura».
Quali sono gli obiettivi dell'establishment iraniano?
«Vale la pena ricordare che il Corpo delle guardie rivoluzionarie islamiche e i suoi alleati politici si sono affrettati a fare da capro espiatorio della polizia morale per le proteste».
Ciò che significato può avere? E verso quali scenari il
Paese si incammina?«Questo, credo, è un segno dell'allontanamento dei Pasdaran dall'odiato establishment clericale sciita, e un'apertura verso la classe media urbana laica, in preparazione per un Iran post-Khamenei».
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