Anche se l'inflazione ha evidenziato segnali di rallentamento, confermati ieri dal dato sui prezzi alla produzione, il governo è comunque al lavoro per allungare la durata dei sostegni contro il caro-energia. In particolare, secondo quanto si apprende dal ministero dell'Economia, è allo studio un «bonus famiglie» che potrebbe partire dalla seconda metà dell'anno e che si baserebbe sui consumi, consentendo di incentivare il risparmio energetico, come già annunciato dal ministro Giorgetti. «Una fascia protetta di consumo del 70-80% degli anni precedenti tutelato allo stesso prezzo e se qualcuno consuma di più, pagare un prezzo più elevato», aveva spiegato l'esponente leghista nello scorso dicembre. Il presidente dell'Arera, Stefano Besseghini, aveva sottolineato che l'obiettivo è far sì che i bonus «siano correttamente selettivi, avendo chiara l'informazione sui consumi delle famiglie e sull'indicatore di reddito». Sulla misura si attendono, però, le proiezioni di fattibilità dell'Authority.
Più complesso il discorso relativo alla proroga degli sconti, che scadranno il 31 marzo, consistenti nel taglio degli oneri generali di sistema per la luce e dell'Iva per il gas. L'intervento è costato finora allo Stato circa 100 miliardi di euro. «Stiamo facendo una valutazione in questi giorni in raccordo con il ministero dell'Economia che tiene i cordoni della borsa», ha detto il ministro dell'Ambiente, Gilberto Pichetto, spiegando che «questo influirà nell'inserire anche tutto, in parte o nulla i cosiddetti oneri di sistema nella bolletta». Per un nuovo intervento «bisogna andare con cautela», ha aggiunto, confermando un «altro ribasso del 20% della prossima bolletta elettrica».
Il prossimo mese, pertanto, il Tesoro potrebbe rinnovare il bonus sociale per le famiglie (con l'attuale soglia Isee di 15mila euro) che ha visto coinvolti oltre 8 milioni di utenti (5 milioni per la luce e 3,5 per il gas). Le imprese potrebbero godere ancora del credito di imposta, ma modulato sul prezzo del gas con la fissazione una soglia di prezzo al di sotto della quale non sono previsti sconti. Il quadro resterebbe quello definiti nella legge di bilancio che ha rafforzato i crediti di imposta, portandoli al 45% per le imprese energivore e gasivore e al 35% per gli esercizi commerciali.
Buone notizie sono giunte anche dall'Istat. A gennaio i prezzi alla produzione dell'industria hanno registrato una flessione congiunturale record del 7,5% e una crescita tendenziale dell'11,1%, in netto rallentamento rispetto al mese precedente (+31,7%). Dall'inizio delle serie storiche nel gennaio 2020 non si era mai verificato un calo mensile così elevato (il precedente massimo è stato quello di ottobre 2022 con un -3,5%). Occorre, tuttavia, rilevare che, al netto del comparto energetico, i prezzi hanno mostrato una dinamica congiunturale positiva (+0,5%), per quanto contenuta, e sono cresciuti del 9,8% in termini tendenziali.
Le industrie sono dinanzi a un bivio. Considerato che hanno sofferto rincari superiori al 30% a fronte di un indice dei prezzi al consumo che ha toccato un massimo all'11,8%, è possibile che cerchino di recuperare parte di quei margini che sono stati compressi per non perdere quote di mercato. Oppure potrebbero lasciare le cose così sono o, addirittura, tentare un leggero abbassamento dei listini, come chiedono i consumatori.
Un nuovo rialzo dei tassi da parte della Bce, tuttavia, renderebbe inevitabile la prima opzione. A prezzi più alti corrisponderebbe un'altra gelata dei consumi che frenerebbe la crescita. A Madame Lagarde l'ardua sentenza.
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