«Tu-tu-tu, risponde la segreteria telefonica. Dopo il segnale acustico registra il tuo messaggio». Alfonso Bonafede non si fa trovare. Per tutto il pomeriggio la litania è sempre la stessa. Tre squilli e stop. Poi parte la voce registrata della segreteria. Ma su whatsapp il ministro del momento è quasi sempre online. Il suo status dice: «A lavoro». Ed è proprio così. Perché mentre Conte si prepara a salire al Quirinale per consegnare le sue dimissioni, lui, Bonafede, sta preparando la relazione della discordia. Quel documento annuale sullo stato della giustizia che alla fine ha disarcionato l'avvocato del popolo italiano.
La pratica va comunque sbrigata, anche con un governo dimissionario. La relazione infatti va illustrata obbligatoriamente al Parlamento prima dell'inizio dell'anno giudiziario, entro fine mese. Tra cinque giorni. Prosegue quindi la limatura sul testo, che dovrebbe ancora essere tutto incentrato sui fondi del Recovery Plan destinati alla giustizia. Come anticipato ieri dal Giornale, non ci sarà nessun riferimento alla prescrizione, alle scarcerazioni di alcuni boss di Cosa nostra durante l'emergenza Covid e al caos carceri, con le dimissioni del direttore del Dap Francesco Basentini a fine aprile del 2020. Con un Conte dimissionario, però, si fa strada l'ipotesi di un'assenza di Bonafede in Parlamento. Che in quel caso si limiterebbe a consegnare la relazione alle Camere, senza presentarsi fisicamente in Aula e senza voto.
Ma si brancola nel buio, alla ricerca di qualche precedente storico a cui aggrapparsi. «Per illustrare la relazione c'è tempo fino a febbraio», osserva Stefano Ceccanti, deputato del Pd e costituzionalista, sottintendendo che si tratta di un passaggio che potrebbe fare anche il successore di Bonafede, se l'evoluzione della crisi fosse rapidissima.
Intanto, in una serata che più convulsa non si può, l'unica certezza è la caduta del ministro grillino. E nemmeno nel M5s la cosa sembra importare molto, nonostante i post di solidarietà che si susseguono sui social per tutta la giornata. Chiedendo dove si sia cacciato Bonafede, si trova qualcuno che risponde inviando su whatsapp la foto di una spiaggia su un'isola deserta. Nel frattempo l'uomo del momento, suo malgrado, rimane in silenzio. Il profilo Facebook è fermo al 22 gennaio. Quello Twitter idem. Bonafede è accerchiato.
I garantisti non lo tollerano più, gli iper-giustizialisti del suo partito lo accusano di aver tradito. Tra questi ultimi c'è Andrea Colletti, deputato grillino ormai più fuori che dentro il M5s. Uno che, a novembre 2018, diceva al Foglio: «Sulla prescrizione siamo perfino troppo buoni». Colletti ora infierisce: «Bonafede è carente, nessun dramma se lascia il ministero». C'è chi è pronto a risarcirlo con un posto nel direttorio a cinque che sarà al vertice del Movimento.
E non manca chi riflette sul fatto che forse era destino che il killer inconsapevole di Conte sarebbe dovuto essere lui. Già in bilico un anno fa sulla riforma della prescrizione. Ora tornato alla ribalta con il nomignolo di Fofò, il suo nome d'arte quando faceva il dj nelle discoteche del trapanese. Bei tempi.
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