Il prezzo del gas che schizza in alto. Le bollette che salgono. Le imprese costrette a chiudere, causa costi elevati, oppure a riversare sui consumatori l’aumento dei prezzi. La “tempesta perfetta” dopo il Covid è già alle porte. Per ora i cittadini non ne vedono gli effetti diretti sulle loro tasche, o non in maniera così elevata. Ma le aziende sì. E mentre a Murano chiudono i forni del vetro più famoso del mondo a causa del costo del metano, l’Italia avrebbe una soluzione dietro l’angolo. Anzi: sotto terra. L’Adriatico, pieno di riserve naturali, ci permetterebbe di pagare il gas solo 5 centesimi al metro cubo. Un’inezia. E invece, per la guerra alle trivelle, ogni italiano versa circa 0,70 euro al metro cubo. Oltre dieci volte tanto.
“Noi non costruiamo piattaforme per l’Adriatico ormai da anni”, racconta Oscar Guerra, ad della Società Costrizione Piattaforme a Quarta Repubblica. “Perché l’Italia ha deciso che il gas metano deve essere interamente importato dall’estero. Un metro cubo di gas importato costa tra i 50 e i 70 centesimi, una enormità”. L’alternativa, come detto, sarebbe estrarre dal nostro mare gli idrocarburi che utilizziamo a casa per cucinare o per riscaldarci. “Noi importiamo da diversi Paesi del mondo: Libia, Algeria e Qatar. Il problema è che in questo lungo viaggio circa il 25% del metano viene usato per il trasporto e ci sono delle dispersioni di gas”. Il paradosso? “Importandolo, aumentiamo l’emissioni ad effetto serra di circa il 30%”.
E pensare che la guerra del alle trivellazioni (ricordate i “no triv”, Michele Emiliano e le battaglie grilline?) nasce proprio con un intento ambientalista. Greenpeace, per dire, sostiene che “in nessun mare ci sia posto per le trivelle”. Il motivo? Problemi per la pesca e altre questioni di inquinamento. Nel 2016 un referendum tentò di bloccare le trivellazioni, senza raggiungere il quorum. Ma con l’arrivo di Conte a Palazzo Chigi la musica cambia. Era il gennaio 2019: nonostante le resistenze della Lega, allora partner di governo, i grillini riescono ad approvare una norma per sospendere le ricerche di nuovi giacimenti in attesa di un documento che disciplini l’estrazione del gas. Il Piano per la Transizione Energetica delle Aree Idonee (PiTESAI) sarebbe dovuto arrivare dopo 18 mesi, ma ancora non se ne sa nulla: l’ultima scadenza, dopo alcune proroghe, era fissata al 30 settembre ma il documento non risulta ancora approvato.
La fregatura è poi doppia se si considera che, mentre noi ci tiriamo la zappa sui piedi tenendo ferme le 20 piattaforme, dall’altro lato del mare i croati continuano ad estrarre senza farsi troppi problemi. Risultato: le riserve si svuotano lo stesso, l’impatto ambientale resta identico, e intanto in bolletta paghiamo dieci volte il prezzo del gas. “È come un bicchiere con due cannucce: ci siamo noi e i paesi che si affacciano sull’Adriatico - insiste Guerra - Chi è davanti a noi continua a succhiare, quindi anche se noi stiamo fermi, il bicchiere si svuota”.
Risultato: l'Italia dipende per gli idrocarburi dall'estero, finendo con l'essere in balia dell'aumento dei prezzi. A Murano, per fare un esempio, a settembre un artigiano del vetro pagava 13mila euro per il consumo di metano necessario a tenere accesi i forni. A ottobre, a parità di consumi, la bolletta è schizzata a 48mila euro.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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