La Borsa tifa per i tecnici ma punta sulla continuità

Piazza Affari ignora la crisi, lo spread scende L'Fmi taglia le stime del Pil. Il nodo Recovery

La Borsa tifa per i tecnici ma punta sulla continuità

I mercati, per ora, hanno fatto finta di nulla come se la crisi di governo facesse parte del pittoresco paesaggio politico italiano. La Borsa di Milano ieri ha chiuso in rialzo dell'1,15%, mentre lo spread tra i Btp e i Bund decennali è sceso sotto quota 120 a 118 punti base. È chiaro, però, che l'attuale tranquillità potrebbe rivelarsi assai fugace se lo scenario si modificasse in direzione di una maggiore instabilità. Ad esempio, le elezioni (che al momento sono assai improbabili) generalmente sono foriere di forti oscillazioni negative qualora dalle urne non sortisca una maggioranza chiara e, soprattutto, concentrata sulla stabilizzazione dei conti pubblici. Tanto più che il Fondo monetario internazionale nell'ultimo world Economic Outlook ha abbassato le stime di crescita dell'Italia nel 2021 da +5,2% a +3%, collocandola come fanalino di coda tra i Paesi sviluppati. Utilizzare al meglio gli stimoli monetari e fiscali sarà, pertanto decisivo.

L'andamento di Piazza Affari, pertanto, si può interpretare come una «scommessa» degli operatori di Borsa su una sostanziale stabilità futura: sia che resti in campo Conte o che salga a Palazzo Chigi un premier espressione dell'attuale maggioranza il trend attuale proseguirebbe. Un'accoglienza ancora migliore potrebbe essere riservata a un esecutivo di stampo tecnico-europeista, magari guidato da una figura di alto profilo istituzionale con un passato alla Consulta (come Marta Cartabia) o alla Banca d'Italia (Mario Draghi). Un siffatto gabinetto godrebbe di influenti e autorevoli simpatie.

Ad esempio, secondo l'agenzia di rating Fitch, «l'avvento di un governo sostanzialmente più debole e una persistente incertezza politica potrebbe danneggiare le prospettive di crescita» compromettendo «l'efficiente uso dei fondi NextGeneration Eu» e di conseguenza «la probabilità di una stabilizzazione e riduzione del rapporto debito/Pil». Un discorso analogo era già stato delineato da Goldman Sachs in un report di lunedì scorso nel quale si sottolineava che un'allocazione inefficace delle risorse Ue potrebbe far scendere il rapporto debito/Pil meno delle attese lasciandolo attorno al 145)% nel 2030 anno nel quale Conte e il ministro dell'Economia Gualtieri prevedevano un rientro al 138% pre-pandemia. L'esecutivo tecnico-europeista, dunque, è un'opzione affascinante per gli investitori.

In ogni caso, sia che resti Conte sia che si palesi un nuovo premier vi sono alcuni nodi ineludibili con i quali ogni governo dovrà confrontarsi. In primo luogo, la stesura definitiva del Pnrr secondo le indicazioni di Bruxelles con tempistiche, priorità e quadro di riforme da accompagnare all'utilizzo dei fondi. Tra queste una delle principali riguarda gli ammortizzatori sociali che necessitano di risorse proprie (è vietato, infatti, usare NextGen per spese correnti strutturali). L'ineludibile sblocco dei licenziamenti, che non potrà essere prorogato all'infinito, impone di affrontare l'argomento. Ma la ex-maggioranza, frenata dai Cinque stelle, non ha mai approfondito la questione.

Il «collante» anti-urne, tuttavia, potrebbe essere rappresentato dalle nomine pubbliche (i consigli di amministrazione

di Cdp, Snam, Sogei e Invimit, tra le altre, sono in scadenza). Con un governo tecnico, o peggio con le elezioni, gli appetiti dei singoli partiti dovrebbero giocoforza sopirsi. Restare in sella, in questo caso, conviene.

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