Caffè nero di rabbia per gli ambientalisti americani. Che prendono di mira Starbucks, l'azienda che ha cambiato il modo di bere il caffè nel mondo e che sul suo sito sciorina diligente il suo impegno pluriennale per ridurre le emissioni di carbonio, acqua e rifiuti entro il 2030 attraverso una serie di pratiche virtuose. Obiettivi commendevoli ma che certo non saranno raggiunti grazie al nuovo ceo, che prenderà servizio il prossimo 9 settembre.
Il signor Brian Niccol, infatti avrà alcuni notevoli privilegi per essere a capo di uno dei marchi più famosi al mondo. Tra essi anche quello di continuare a vivere in California lavorando in remoto da un ufficio a Newport Beach (affitto e assistente personale a scelta dello stesso ceo a spese della società, naturalmente). Quando vorrà (o dovrà) spostarsi a Seattle, nello stato di Washington, sede storica del marchio della sirena, a poco meno di 2mila chilometri da Newport Beach, il malcapitato potrà viaggiare su un jet privato messo a disposizione da Starbucks fino a una spesa massima di 250mila dollari all'anno. Peccato che i jet privati siano tra i mezzi di trasporto più inquinanti in assoluto, a causa della loro grandezza e della loro scarsa efficienza energetica in rapporto al ridotto numero di passeggeri trasportati. Insomma, se Niccol prendesse un volo di linea (in business class, ça va sans dire) il suo pendolarismo tra la periferia di Los Angeles e Seattle costerebbe da 5 a 14 volte in meno in termini di emissioni di diossido di carbonio. Ciò che non va giù agli ambientalisti a stelle e strisce è che l'umanità intera pagherebbe un prezzo in termini ambientali al rifiuto di Niccol di trasferirsi a Seattle, percepito come un capriccio. Città certamente molto meno attraente da un punto di vista climatico di Newport Beach (basterebbe il nome). Ma quello del boss del Frappuccino sarebbe un sacrificio accettabile a fronte di uno stipendio base di 1,6 milioni di dollari annui che, tra incentivi, premi e bonus vari può arrivare fino a 113 milioni annui. Un po' di freddo potrebbe anche prenderlo per il bene del pianeta il signor Niccol, brontola il cittadino comune, certamente poco avvezzo alle dinamiche contrattuali dei grandi manager.
Certo che a Starbucks sembrano puntare forte su Niccol: il suo trattamento economico è superiore del 75 per cento a quello non certo miserevole riservato al suo predecessore Laxman Narasimhan, defenestrato all'improvviso prima di Ferragosto.
Per lui parlano i numeri: negli ultimi sei anni da ceo della catena di fast food messicano Chipotle, moltiplicando per due i ricavi e per sette i ricavi e facendo lievitare anche gli stipendi e i benefit dei dipendenti. A Seattle tutti si attendono risultati simili. E il rumore dei soldi, si sa, è molto più forte del rombo di un pestilenziale jet privato.
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