"La burocrazia blocca la rinascita di Amatrice Così ci vorranno 9 anni"

Il sindaco: «Metri di neve e 4 terremoti ma la speranza c'è. Serve la legge per l'emergenza»

"La burocrazia blocca la rinascita di Amatrice Così ci vorranno 9 anni"

«La burocrazia blocca la ricostruzione delle zone terremotate». Sergio Pirozzi, sindaco di Amatrice, spiega quello che il governo sta sbagliando e quale sarebbe la ricetta per velocizzare la rinascita dell'area colpita dal sisma.

Sindaco, qual è la situazione attuale?

«Rispetto a due giorni fa è migliorata. Sono le precipitazioni fuori dalla norma ad averci messo in ginocchio, anche perché gli spazzaneve, a un certo punto, si sono bloccati e ho dovuto richiedere l'impiego delle turbine. Era dagli anni Cinquanta che non si aveva una nevicata così».

Ci sono paesi rimasti isolati. I soccorsi sono stati così difficoltosi?

«Parliamo di un territorio di 174mila metri quadrati e con 69 frazioni. Poi coi soliti problemi di quando va via luce. Forse perché in tempi buoni si investe poco nei territori marginali, ma ce ne rendiamo conto solo davanti alle tragedie».

Quattro terremoti sono tanti. Che sensazione prova?

«È come quando alzi la testa e sembra ci sia qualcuno che ti riporta giù. È questo il dramma della mia gente».

Come vi state muovendo?

«Ieri abbiamo voluto assegnare le prime 25 case, per dare un segnale. Per cui, a due giorni dal terremoto, con due metri di neve e frazioni isolate fino a poche ore fa, un piccolo passo in avanti è stato fatto. Io non mi metto a piangere, qualche volta è successo, ma sempre quando ero da solo. Bisogna rimboccarsi le maniche».

Quali sono i problemi che registrate?

«Quelli burocratici. Non è il futuro a preoccuparci, perché è stato previsto l'indennizzo del cento per cento per prima e seconda casa, approvato all'unanimità dall'intero arco parlamentare. Però noi siamo bravissimi in prima fase e molto carenti sull'emergenza».

Che intende dire?

«Secondo me bisogna usare un procedimento che sia d'emergenza. Se si deve abbattere un edificio, oggi, ci vuole la liberatoria dei proprietari. In tempo di emergenza non dovrebbe essere così».

Dove si è sbagliato?

«Se il Comune fosse stato affiancato da una task force di intelligenze (un generale della Finanza, un generale dei carabinieri, un magistrato e Raffaele Cantone), oggi, invece che aver smaltito solo 25mila tonnellate di macerie, ne avremmo smaltite 125mila».

Questo procura ritardi anche nella ricostruzione?

«Certo, perché c'è questo corto circuito, per cui bisogna aspettare le liberatorie. Ecco perché a me dicono che ci vogliono 8-9 anni, quando ne servirebbero la metà».

Alcuni allevatori dicono che i loro animali stanno morendo. Che si può fare?

«Essere onesti, perché gli italiani stanno fornendo loro il fieno che prima pagavano. Ma al di là di questo è stato fatto un appalto unico per le stalle quando io avrei fatto 10 lotti da 5. Chi ne aveva diritto, comunque, le ha avute. Il fatto è che qualcuno le aveva abusive in precedenza, per cui molti animali sono fuori. Noi dobbiamo essere i primi a rispettare le regole».

È preoccupato per il futuro?

«No, a patto che si velocizzino le procedure. O ti abbatti o ti ricarichi. Noi abbiamo preso quattro botte, siamo provati, ma la speranza io non l'ho mai persa, altrimenti non farei il sindaco in un piccolo comune dove ho l'indennità di 660 euro al mese. Ho rinunciato al mio lavoro di allenatore professionista per stare in quello che per me è il posto più bello al mondo».

Ci sono state polemiche legate al selfie di Salvini nelle zone del terremoto.

«In tempo di guerra sarebbe preferibile rispettare chi l'ha subita, ma mi auguro che la presenza dei parlamentari produca qualcosa, chiederò loro il conto. Non basta stare qui 48 ore in tenda e vedersi assolti dai propri compiti».

Che vuol dire agli italiani?

«Che siamo un grande popolo e a tragedia del terremoto non ci deve dividere. Se stiamo uniti dimostreremo al mondo che siamo i più forti di tutti. Io ci credo».

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