«Nicolino Grande Aracri si è pentito? Che bella notizia. Ora spero lo proteggano mandandolo all'estero con una nuova identità, a lui e alla sua famiglia. Perché presto le Regioni rosse esploderanno». Al telefono con il Giornale c'è Luigi Bonaventura, pentito di 'ndrangheta dell'omonima cosca, colui che fece scattare la prima condanna all'ergastolo per il capo del clan che dettava legge a Cutro, nell'intera Calabria centro-settentrionale e soprattutto tra Toscana, Umbria ed Emilia Romagna. L'annuncio della collaborazione della giustizia del potente boss da oltre un mese - notizia che ha colto di sorpresa il suo legale Gregorio Aversa («Decisione personale, ne ero all'oscuro») è decisiva nella lotta alla 'ndrangheta soprattutto nelle sue ramificazioni nel Centro Italia, come confermano le sentenze del processo AEmilia per cui Grande Aracri è all'ergastolo al 41bis e i guai giudiziari del braccio destro del governatore toscano del Pd Eugenio Giani, sfiorato da un'indagine per 'ndrangheta.
Nella potente organizzazione calabrese, ramificata ormai in tutto il mondo, il boss crotonese Nicolino ha (anzi, aveva) un ruolo fondamentale. Ha deciso di consegnarsi al suo peggior nemico, Nicola Gratteri, l'unico forse in grado di soppesare e valutare gli indicibili segreti che Nicolino detto manu i gumma custodisce da più di 40 anni. «Era il capo delle 'ndrine di Catanzaro, Cosenza, Crotone e di una parte di Vibo - dice Bonaventura al telefono - il suo pentimento rischia di distruggere buona parte del potere dei clan. Soprattutto per quanto riguarda i rapporti con massoneria, colletti bianchi, Chiesa e politica».
Già, la politica. «La sua cosca ha influenzato per troppo tempo le sorti del territorio emiliano infiltrandosi nel tessuto istituzionale e politico», ricorda l'ex sindaco di Parma di Forza Italia Giovanni Paolo Bernini, che da AEmilia è uscito prosciolto dall'ingiusta accusa di concorso esterno. «Ora emergano le vere responsabilità politiche a Reggio Emilia ed in Emilia Romagna nel favorire il radicamento della cosca», sibila Bernini, e l'accusa neanche a dirlo è tutta rivolta al Pd, che da quel processo è uscita indenne nonostante governi la Regione da 80 anni. Tanto che persino un magistrato è stato allontanato dalla Regione perché troppo tenero con il Pd nelle sue inchieste. Parliamo dell'ex procuratore capo di Reggio Emilia Marco Mescolini, ex pm della Dda di Bologna che ha seguito il processo di 'ndrangheta AEmilia inchiodato dalle testimonianze di alcune magistrate della sua Procura a cui il consigliere del Csm Antonino Di Matteo ha creduto, trasferendolo per «incompatibilità ambientale». Ma che credibilità può avere l'ex braccio destro di don Antonio Dragone, il capomafia che fece uccidere innescando una sanguinosa guerra che lo vide vincitore, come dimostrano le condanne nel processo Kyterion? L'avvocato Luigi Li Gotti, storico legale dei pentiti di Cosa nostra, sminuisce il peso di questa svolta: «Macché Buscetta, macché Messia dei pentiti. Aveva una dimensione territoriale limitata. Il cuore della 'ndrangheta è nella provincia di Reggio Calabria».
«Grande Aracri ha la carica più alta nella 'ndrangheta - ribatte Bonaventura - come lui ce ne sono forse altri nove o dieci. È un uomo intelligente, è un genio criminale che sa tantissime cose.
Sarà importante dargli la massima credibilità, proprio perché sono sicuro che coinvolgerà moltissimi esponenti di quell'aria grigia che fa affari con le cosche. Gente che, e lo dico senza problemi perché li conosco bene, andavano a braccetto perfino con le toghe». Ne vedremo (e ne sentiremo) delle belle...
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