Nessuna voragine e impatto minimo sui conti pubblici. Le agenzie di rating possono continuare a dormire sonni tranquilli circa la tenuta dei conti pubblici in Italia dopo l'intesa di maggioranza sulle pensioni. Il ripristino di Quota 103, previsto dall'ultima bozza in circolazione della legge di Bilancio, non determinerà contraccolpi negativi su deficit e debito. Anche l'anno prossimo si potrà, dunque, lasciare il lavoro con 62 anni di età e 41 anni di contributi. Si allungheranno, però, le finestre di uscita. Nel settore privato passeranno da 3 a 7 mesi (e non 6 mesi come indicato nelle prime versioni), mentre nella pubblica amministrazione si giungerà a 9 mesi dagli attuali sei.
Come detto, Quota 103 non va categorizzata come un'idrovora di risorse. Basti pensare che la manovra 2023 prevedeva circa 40mila uscite con questa modalità e al 30 settembre scorso, secondo quanto si apprende, se ne sono concretizzate solo 16mila con altre 7mila in fase di istruttoria. È ragionevole ritenere che si supereranno di poco le 20mila unità di pensioni anticipate con questa modalità. Dunque, il pregiudizio alla spesa pubblica si può ritenere pressoché trascurabile.
La nuova versione di Quota 103, inoltre, prevede il ricalcolo contributivo dell'assegno, annullando la quota retributiva di coloro che hanno contributi maturati antecedentemente al primo gennaio 1996. Per chi maturerà i requisiti, poi, la pensione anticipata sarà erogata «per un valore lordo mensile massimo non superiore a quattro volte il trattamento minimo previsto a legislazione vigente, per le mensilità di anticipo del pensionamento». Si tratterebbe quindi di un massimo di circa 2.250 euro, considerando la pensione minima fissata dagli uffici dell'Inps di poco più di 563 euro. Ovviamente, fino al raggiungimento dell'età pensionabile (attualmente a 67 anni).
Inoltre, sono previsti incentivi per chi, pur avendo maturato i requisiti di pensionamento, resterà al lavoro. La legge di Bilancio 2023 prevedeva l'erogazione in busta paga della quota contributi a carico del lavoratore (9,19%) arricchendo così lo stipendio. Molto probabilmente si seguirà una strada analoga anche nel 2024.
Allo stesso modo, per garantire la tenuta dei conti, la nuova versione della manovra prevede che l'indicizzazione delle pensioni tra 4 e 5 volte il minimo (tra 2.250 e 2.
800 euro lordi indicativamente) si fermi all'85% come nel 2024 e non al 90% come nelle prime bozze della manovra. È stata, infine, reinserita la norma che dal 2025 consente di agganciare i pensionamenti anticipati alle aspetattive di vita, eventualmente aumentando i requisiti contributivi.
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