"Cade Draghi? Governo militare". E scoppia la polemica

L'editoriale di Sorgi sulla Stampa scatena una bufera. L'ipotesi di un "governo militare" in caso di dimissioni di Draghi

"Cade Draghi? Governo militare". E scoppia la polemica

Che poi la cosa incredibile è che solo due anni fa, dalle parti dei democraticissimi giornali di sinistra, quando Salvini chiese "pieni poteri" agli italiani, era tutto uno stracciarsi le vesti dalla disperazione. Ricordate? Robe tipo: Non può affermare una pazzia simile, attentato alla Costituzione, fascista, dittatore, eccetera eccetera. Ora invece silenzio. Eppure le due vicende si somigliano. Certo, in questo caso a evocare un "governo militare" è un giornalista, non un politico, ma non parliamo mica di uno scribacchino qualsiasi: Marcello Sorgi è la firma di punta della Stampa, giornale del gruppo Gedi, cioè Repubblica, quindi la crème de la crème della borghesia italiana e vergine culla del progressismo più puro. Per dire, su quelle colonne una signora del calibro di Michela Murgia un giorno ha vergato un intero articolo utilizzando l'asterisco al posto della desinenza maschile e femminile. Roba di un’idiozia assoluta, ma politicamente correttissima. Possibile che nella stessa redazione possa convivere uno che parla di carrarmati?

Possibile. Ieri Sorgi l’ha scritto chiaro e tondo in una previsione riguardo la battaglia sulla Giustizia, dove pare il governo abbia rischiato l'osso del collo. Titolo: “Perché non ci sarà una crisi ad agosto”. Svolgimento: “Se Draghi fosse costretto a dimettersi (ma va ripetuto: è un'ipotesi del terzo tipo, il periodo ipotetico dell'impossibilità), Mattarella lo rinvierebbe immediatamente alle Camere, mettendo i partiti di fronte alle loro responsabilità”. Fin qui, tutto a posto, questioni di procedura parlamentare. Il bello però viene dopo: “Ma metti anche che, in un intento suicida, gli stessi responsabili delle dimissioni insistessero per mandare a casa il banchiere, giocandosi la fiducia dell'Europa e i miliardi di aiuti di cui sopra, al Presidente della Repubblica non resterebbe che mettere su un governo elettorale, forse perfino militare, com'è accaduto con il generale Figliuolo per le vaccinazioni”. Avete capito bene: un governo militare. Cioè ordine e disciplina. Mimetica e moschetto, golpe perfetto. E questo perché, ragiona Sorgi, “a mali estremi, estremi rimedi”.

Ora, l’editorialista ieri sera in tv ha detto che si trattava di un “paradosso” e non di un retroscena. Se così è, l’ha scritto davvero male. Anche perché il pezzo si conclude con un laconico “non è affatto detto che ci si arriverà”. E quel “non è affatto detto” non pare proprio da paradosso, dà più l'idea di una possibilità, sebbene remota. Non a caso numerose reprimende sono piovute un po’ da tutte le parti. Il primo a definirsi “incredulo”, va detto, è stato Nicola Porro nella sua Zuppa: “Questa mi sembra l’anticamera di un golpe - ha detto - siamo tutti impazziti?”. Stesso ragionamento espresso stamattina dal direttore Maurizio Belpietro, secondo cui le parole della “penna vicina al Colle”, dettaglio non indifferente, sono una sorta di avviso al Parlamento. Critiche sono arrivate anche dal Fatto Quotidiano, dove fanno notare come “gente che sembra pulitina e non dice cazzo" poi “non si fa nessun problema, dopo il caffè, a proferire in un editoriale dolente” una “inaudita proposta”.

Che poi, a pensarci bene, se mai “l’ipotesi paradossale” di Sorgi dovesse diventare realtà, vi immaginate le grida di terrore sorgere nella redazione della Stampa? Roba da spaccare i vetri: sarebbe la voce della Murgia, già oggi intimorita dalle divise, costretta a sorbirsi le stellette pure a Palazzo Chigi. Come farebbe Giannini a spiegarle che l’idea di nominare premier Figliuolo è venuta a un suo democratico editorialista?

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