Calenda diserta il Terzo polo, cerca un senatore che lo salvi

Gli eletti di Azione stanno per finire nel Gruppo misto. Renzi: "Correrà da solo nel 2024? Questione umorale"

Calenda diserta il Terzo polo, cerca un senatore che lo salvi
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Le famose «praterie» (quelle che si aprirebbero ad un terzo polo centrista e riformista grazie al neo-bipolarismo tra destra meloniana e sinistra schleiniana) possono attendere.

Del resto tutti coloro che conoscono da vicino i dioscuri terzopolisti, Matteo Renzi e Carlo Calenda, avevano previsto che i due sarebbero presto finiti come i duellanti di «Highlander», al grido di «Ne resterà soltanto uno». Sempre che qualcosa resti. La ricucitura sembra impossibile, visto il livello di conflitto personale: da un lato Calenda che accusa Renzi di «prendere soldi dagli arabi» e dice che alle elezioni europee non ci sarà alcuna lista comune perché «ho già dato». Dall'altra il leader di Italia viva che assicura: «Io non ho voglia di litigare con Calenda. Se lui non vuole andare insieme alle Europee lo dica, ne prenderemo atto. Qui c'è una questione umorale, non morale. Ci sono due Calenda, uno che mi attacca con le stesse argomentazioni dei grillini e l'altro che dice che sono stato il miglior presidente del Consiglio: mi pare un problema suo più che mio».

Il redde rationem avrebbe dovuto svolgersi domani, nell'assemblea dei senatori terzopolisti (cui appartengono sia Renzi che Calenda) convocata dalla presidente Raffaella Paita: una pistola carica messa sul tavolo dai renziani, che hanno i numeri per fare gruppo a sé e mandare i calendiani nel Misto, con conseguenze pesanti in termini sia di peso politico che di finanziamenti. Ma alla fine la riunione è stata rinviata a lunedì, perché Calenda ha fatto sapere che lui e altri parlamentari non ci sarebbero stati, causa emergenza in Emilia Romagna: «Si facciano la riunione tra loro, in questo momento di emergenza abbiamo altro cui pensare».

Ovvio, c'è la tragedia nazionale dell'alluvione, e proprio dall'Emilia Romagna provengono parlamentari importanti del Terzo Polo, a cominciare dal capogruppo alla Camera Matteo Richetti. Ma c'è anche il fattore tempo a pesare: Calenda, raccontano a Palazzo Madama, «è a caccia di un senatore che accetti di entrare e gli salvi il gruppo», per disinnescare l'arma-fine-di-mondo di Matteo. E l'operazione non può essere fatta in 24 ore. Per ora i potenziali salvatori della patria calendiana smentiscono di essere disponibili: «È solo un gossip che si commenta da solo», taglia corto la centrista in orbita Pd Beatrice Lorenzin. Negano offesi anche gli «autonomisti» siciliani del folkloristico Cateno De Luca, che spiega con sussiego: «Leggo che Calenda sarebbe alla ricerca di senatori per fare il suo gruppo al Senato e starebbe corteggiando la nostra senatrice Dafne Musolino. Voglio essere molto chiaro: non siamo dei tappabuchi. Dialoghiamo solo con chi ha in mente progetti politici seri che ci consentano di valorizzare il nostro brand». Bisogna vedere se da qui a lunedì Calenda sarà in grado di convincere Cateno di poter «valorizzare» il suo «brand», dando a Dafne (che certo non può essere considerata una «tappabuchi») il rilievo che merita. Ma da Azione negano spazientiti che sia in corso uno scouting tra i siculi di Cateno.

Di certo però il leader di Azione vuol evitare a ogni costo lo smacco di finire nel gruppo Misto, e al Senato la caccia è in corso. Mentre alla Camera dei deputati i numeri consentono sia ad Azione che a Italia viva di far gruppo a sé. La settimana prossima si capirà se la scissione è definitiva.

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