Canfora rinviato a giudizio per gli insulti alla premier

Definì la Meloni "neonazista nell'animo": chiesti 20mila euro di risarcimento. Davanti al Tribunale manifestano Anpi e Cgil

Canfora rinviato a giudizio per gli insulti alla premier
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Luciano Canfora è stato rinviato a giudizio per aver diffamato Giorgia Meloni. Ieri si è svolta a Bari l'udienza predibattimentale.

Il rinvio a giudizio, chiesto dalla Procura, è stato ritenuto necessario perché la vicenda «merita una integrazione probatoria approfondita non compatibile con la struttura di una udienza predibattimentale». Il tribunale vuole approfondire bene la questione, e ha accolto la richiesta della Procura: la prima udienza è fissata a Bari il 7 ottobre. La difesa ha già annunciato che convocherà in aula il premier Meloni.

L'episodio incriminato risale all'11 aprile di due anni fa, quando Giorgia Meloni era parlamentare d'opposizione e il presidente del Consiglio in carica era Mario Draghi. Il prof. Canfora fu invitato a parlare nel liceo scientifico «Fermi» di Bari nell'ambito di un incontro sul conflitto russo-ucraino, e, dall'alto della cattedra, si espresse in questi termini: «Giorgia Meloni essendo neonazista nell'animo si è subito schierata con i neonazisti ucraini». È risaputo infatti che Canfora è uno dei più accaniti critici verso l'Ucraina, e preferisce difendere la Russia di Putin.

A difendere Canfora in aula è l'avocato Michele Laforgia, candidato sindaco dei 5 stelle a Bari. E già difensore di molti dei fedelissimi di Emiliano a processo: Pisicchio, Sannicandro, Lerario, Canonico.

All'esterno del palazzo di giustizia, una ventina manifestanti con bandiere, tra cui quelle dell'Anpi, Arci e della Cgil. Siamo lontani dai numeri della manifestazione di Decaro contro la commissione ministeriale. Da allora al centrosinistra a Bari è successo di tutto, tra indagini, arresti, primarie annullate e candidati saltati, e quel popolo non risponde più alla chiamata.

Il premier Meloni oltre la richiesta di condanna ha chiesto un risarcimento di 20mila euro per il «rilevante danno morale ingiustamente subito».

Secondo l'avvocato Laforgia «la condotta del Prof. Canfora, quand'anche comprendente espressioni oggettivamente lesive della reputazione altrui, configura manifestazione del diritto di critica e, in particolare, del diritto di critica politica, che trova il proprio fondamento nell'articolo 21 della Costituzione, ma diversamente dal diritto di cronaca non si concretizza nella narrazione di un fatto, bensì in un giudizio, o, più genericamente, di un'opinione, come tale non soggetta a vincoli di obiettività, né, tanto meno, verità. Ciò vale in particolare per la critica politica, che non può essere obiettiva in quanto fondata sull'interpretazione soggettiva di fatti, comportamenti e idee».

Per la difesa «l'affermazione del Prof. Canfora relativa alle radici ideologiche, e dunque all'animus della querelante, è, e non può che essere, squisitamente soggettiva: un'opinione, dunque, per quanto autorevole, della quale, in linea di principio, non può predicarsi né escludersi la veridicità».

«Poi io resto convinto che un processo per un giudizio politico per diffamazione non si possa fare, non si debba fare, e che sia molto inopportuno farlo quando dall'altra parte c'è un potere dello Stato, perché il presidente

del consiglio è un rappresentante di un potere dello Stato, ma questo appartiene ad una sfera che non appartiene solo a quella giuridica naturalmente, neanche solo giudiziaria» ha detto Laforgia all'uscita del tribunale.

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