Suo padre - che da Piasco, nel Cuneese, era partito insieme al genero Pietro Massardi, vetrinista, nella speranza di ritrovare la sua Carla - una volta sulla Costa Azzurra, a Nizza, non aveva esitato a sottoporsi al test del Dna. «Pietro ha girato gli ospedali per 72 ore e io, io...Volevo solo avere un'opportunità in più di ritrovarla». Non finisce la frase, Adelmo Gaveglio, mentre continua a sussurrare tra le lacrime che gli scendono lente sulle guance smunte e la faccia cerea di chi non dorme da sabato. Solo lunedì sera, infatti, la Farnesina ha confermato che sua figlia Carla - capelli neri, occhi verdi, modi gentili, amante del mare, volontaria della Croce Rossa e madre di due figli, un maschio e una femmina - è tra le sei vittime italiane della strage provocata sabato sera a Nizza.
Carla era sulla Promenade insieme alla figlia 14enne Matilde e ad alcune amiche della ragazzina. Che ha raccontato come sua madre fosse ancora viva dopo la strage, che aveva male a una gamba e al bacino e che l'avevano portata via in ambulanza ancora semi cosciente. Le sembrava addirittura che mamma Carla avesse scambiato alcune parole prima che l'autolettiga partisse. Poi il buio, il silenzio più totale. Anche Matilde, che si era fratturata una caviglia, è stata operata prima che il padre potesse trovarla, ricoverata al centro Grandi Traumi. L'abbraccio, le lacrime liberatorie. «E la mamma?». «Sono tre giorni che giro per ospedali, ma non la trovo...».
Carla era morta la sera stessa: in quel caos era impossibile capire cosa la ragazza avesse visto veramente oppure quanto fossero gravi le condizioni della donna.
Il giorno dopo il suo cognome non risultava nell'elenco dei feriti. Carla, infatti, non era negli ospedali francesi anche se non lo sapeva ancora nessuno. Per riconoscerla, infatti, è stato necessario proprio il Dna del suo povero papà.
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