Lo scontro frontale tra magistrati sul caso Mps e sulla sorte del suo ex presidente Alessandro Profumo (nella foto), attualmente amministratore delegato di Leonardo, sta ormai superando il livello di guardia. Ultima puntata: una violenta lettera dei tre pubblici ministeri che hanno indagato su Profumo e sul suo amministratore delegato Fabrizio Viola, in cui in pratica si chiede la testa di Gian Gaetano Bellavia, il perito scelto dal tribunale per fare finalmente luce sugli anni in cui Profumo e Viola approdarono a Rocca Salimbeni, dopo l'epoca Mussari: e ora sono entrambi indagati per bancarotta fraudolenta.
La Procura è convinta della loro innocenza, e ha ripetutamente chiesto l'archiviazione dell'indagine. Il giudice Guido Salvini ha deciso che invece bisognasse approfondire le indagini sui due, dando l'incarico a Bellavia. Ma prima ancora che il perito depositi la sua relazione, la Procura ora lo accusa di essere animato da pregiudizi colpevolisti verso Profumo e Viola: «questa ricerca - scrivono i pm Stefano Civardi, Mauro Clerici e Giordano Baggio - ha già un esito scritto», Bellavia starebbe compiendo un «lavoro sostanzialmente inutile, dal risultato scontato». Se lui e i suoi colleghi «non sono in grado di compiere una nuova, corretta valutazione rinuncino ora all'incarico».
Un siluro in piena regola, come si vede. Al centro della polemica c'è un documento al quale Bellavia sta dando una importanza fondamentale per capire se e quanto Profumo e Viola fossero consapevoli dello stato di decozione della banca senese, che secondo il perito del tribunale civile «nel 2012 era tecnicamente fallita». Il documento è la ispezione della Banca centrale europea che nel 2015 rileva nei conti di Mps la presenza di 7,55 miliardi di crediti palesemente inesigibili. Di questa ispezione i consulenti dei piccoli azionisti sostengono che la Procura non ha praticamente tenuto conto, accontentandosi del fatto che successivamente all'intervento di Bce i vertici abbiano modificato l'impianto dei bilanci. Nella loro lettera, i tre pm sostengono che Bellavia e colleghi «ragionano semplicemente sulle verifiche operate nell'ambito della vigilanza Bce, retroproiettandole»: cioè leggendole col senno di poi. Per valutare i comportamenti di Profumo e Viola sarebbe servito analizzare almeno a campione i dossier di quei prestiti: cosa che Bellavia non ha fatto.
La consulenza doveva essere depositata entro il 30 giugno, probabilmente slitterà di qualche mese. Ma si sa già che i periti oltre a concludere per la consapevolezza di Profumo e Viola allargano anche al 2016 e al 2017 l'arco temporale in cui il reato sarebbe stato commesso. Ora i pm partono in contropiede, depotenziando la perizia di Bellavia nonostante lo stesso consulente sia stato impiegato dalla Procura in alcune importante indagini.
Di fatto la mossa costituisce l'ultima riprova della linea garantista seguita dagli inquirenti nei confronti di Profumo e Viola in tutti i diversi tronconi legati a Mps: come quello sui cosiddetti «derivati», che ha visto i due rinviati a giudizio contro la volontà della Procura. Che martedì scorso, al termine del processo, ha ribadito la richiesta di assoluzione per entrambi.
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