Caso Open, svolta di Nordio. Gli ispettori dai pm di Renzi

"Al Copasir carte che andavano distrutte" così l'ex premier convince il Guardasigilli

Caso Open, svolta di Nordio. Gli ispettori dai pm di Renzi

La politica si riprende il suo spazio e rivendica la par condicio con il potere giudiziario. Non si tratta di anticipare le sentenze, anzi «i processi si fanno nelle aule giudiziarie», precisa subito il leader di Italia Viva Matteo Renzi, che durante il question time al Senato ha convinto il ministro della Giustizia Carlo Nordio a mandare gli ispettori alla Procura di Firenze per «un'indagine conoscitiva che avrà assoluta priorità». La pietra dello scandalo è l'inchiesta dei magistrati Luca Turco e Antonino Nastasi (nel mirino dei pm di Genova per il caso David Rossi-Mps), che contestano a Renzi il finanziamento illecito, spingendosi a equiparare a un partito - in modo un po' spregiudicato, persino per alcuni giudici - la Fondazione Open, finanziata da alcune società tra 2014 e 2018 con oltre 3,5 milioni di euro, per i pm eterodiretti dallo stesso Renzi, i cui movimenti bancari sono finiti agli atti assieme a sms, e-mail, whatsapp e intercettazioni senza che l'acquisizione fosse stata autorizzata, così come prevede la Costituzione. «Hanno captato comunicazioni e intercettazioni con un metodo contestato persino dalla Cassazione», aveva detto Renzi, annunciando «una lunga battaglia in sede civile e penale per ottenere il risarcimento». «L'utilizzazione di dati processuali è stata operata non già nei confronti di Renzi ma di altro indagato», era stata la risposta della Procura.

Ma proprio su Carrai la Cassazione aveva annullato il sequestro di alcuni brogliacci, intimando ai pm di «restituire senza trattenimento», cioè di distruggere, ciò che era stato ingiustamente sequestrato. Invece «il pm ha scelto di prendere il materiale e di mandarlo al Copasir», il Comitato che si occupa dei servizi segreti, qualche giornale ci è salito sopra, riproponendo l'ennesimo cortocircuito mediatico-giudiziario. «Marco Carrai, ma potrebbe chiamarsi Marco Rossi, è stato indagato, ha pagato gli avvocati, ha fatto ricorso in Cassazione, ha vinto ma il pm ha scelto di mandare tutto al Copasir», tuona Renzi, che in sintesi dice al Guardasigilli: questi pm sono eversivi, o sono anarchici, o semplicemente cialtroni, «ma quest'ultima la escludo», sibila Renzi.

Il Guardasigilli ha risposto annunciando «un immediato e rigoroso, sottolineo rigoroso, accertamento conoscitivo attraverso l'ispettorato generale» e determinazioni da adottare con rapidità dopo «una approfondita, valutazione di tutti gli elementi acquisiti». Musica per le orecchie di Renzi: «Sono molto soddisfatto che ci sia un ministro autorevole e serio. Siamo passati da un promettente deejay (l'ex ministro Alfonso Bonafede, ndr) a un autorevole magistrato. Ora si faccia chiarezza sul modo con il quale operano alcuni pm e alcuni giudici».

Non è un caso che il teatro scelto da Renzi sia l'aula di Palazzo Madama che esattamente nove anni fa (era il 27 novembre 2013) si arrese alle toghe, dichiarando la decadenza da senatore di Silvio Berlusconi, in spregio all'irretroattività sancita dall'articolo 25 della Costituzione.

Con l'invio degli ispettori a Firenze, il Guardasigilli rivendica - da toga a riposo prestata alla politica - la necessità di spezzare lo strapotere di quei magistrati che stiracchiano le regole e la Costituzione pur di avvelenare i pozzi della dialettica processuale, mascariando gli imputati prima della sentenza, con la complicità di un giornalismo sempliciotto fuori e forcaiolo dentro.

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