
Roma. Sabrina Minardi, 65 anni, è morta. Ex moglie del calciatore Bruno Giordano e compagna di Enrico «Renatino» De Pedis, il «presidente» della Magliana. A dare l'annuncio della sua scomparsa su fb Raffaella Notariale, giornalista, autrice di un libro sulla banda di Renatino e compagni, scritto a quattro mani proprio con la Minardi. «È morta serenamente come chi sa di aver detto la verità - scrive nel post -. Si è spenta dopo essere stata dal parrucchiere, si era fatta bionda e bella perché aspettava i suoi affetti più grandi. È morta nel sonno, Sabrina... e a me dispiace umanamente e professionalmente. Non uno, ma mille gli spunti che ha offerto e che i più non hanno voluto cogliere. Non ultima la Commissione d'inchiesta sul caso di Emanuela Orlandi... Cosa aspettavate, Vossignori?». Le sue dichiarazioni, per molti «a orologeria», fanno riaprire nel 2008 il fascicolo sulla scomparsa della cittadina vaticana, avvenuta 25 anni prima. Sarà un caso ma la decisione di collaborare con gli inquirenti avviene a pochi giorni dall'arresto della figlia, accusata di concorso in duplice omicidio colposo. Con il fidanzato, alla guida di una Mercedes, travolge una coppia di ragazzi su uno scooter per poi fuggire lasciandoli agonizzanti.
La Minardi racconta, accusa, riferisce in Procura persino di aver visto la ragazzina vaticana trasportata nell'auto di monsignor Marcinkus, una Mini Minor, all'epoca del sequestro a capo dello Ior, la banca della Santa Sede. Parole che fanno riaprire il caso e mandano sul banco degli imputati personaggi che avrebbero avuto un ruolo determinante, secondo la Minardi, nel rapimento e nella morte della Orlandi. A cominciare dall'autista di De Pedis, Sergio Virtù, poi Angelo Cassani e Gianfranco Cerboni, sempre nella sfera del «presidente». Riconosce la voce del telefonista del caso Orlandi, quel tale Mario che sarebbe un altro componente la banda, Giuseppe De Tomasi, «Sergio il Ciccione». Per le parole della Minardi finiscono indagati anche Pietro Vergari, ex rettore della basilica di Sant'Apollinare dove avviene il rapimento e Marco Accetti, che si autoaccusa del sequestro sia della Orlandi che di Mirella Gregori. De Pedis ha un ruolo chiave in entrambi. Confessioni, però, ritenute non attendibili: il teste è considerato dai giudici un mitomane tanto che nel 2016 la Cassazione archivia per la seconda volta l'inchiesta.
Eppure pochi giorni fa un dipendente del bar sotto casa della Gregori, «da Baffo», Giuseppe Calì, conferma di aver visto, e non sarebbe un caso, Renatino entrare e uscire da quel bar prima della scomparsa di Mirella. Studiava i movimenti della ragazzina? Nel 2008 La Minardi racconta di quella sera al Gianicolo quando la Orlandi sale sulla loro auto («Mi chiamo Emanuela» le dice) mentre De Pedis consegna a Marcinkus due borse Louis Vuitton con banconote per due miliardi di lire. Denaro sporco per finanziare il movimento polacco Solidarno, un favore personale all'alto prelato finanziere in cambio di denaro pulito. È sempre De Pedis ad agganciare la Orlandi davanti il Conservatorio in Campo Marzio per portarla via a bordo di una Bmw intestata al faccendiere Flavio Carboni, ritrovata 25 anni dopo coperta di polvere nel parcheggio di villa Borghese. Una volta rapita, Marcinkus la riconsegna a De Pedis per tenerla nascosta in un sotterraneo al Gianicolo.
La Minardi racconta che la 15enne viene poi uccisa e gettata in una betoniera a Torvaianica assieme al figlio di un pentito di mafia, Giuseppe di Matteo. Le date però non coincidono, la betoniera non verrà mai sequestrata, e le contraddizioni della Minardi mettono la parola fine alla sua verità.
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