Il no a metà di Giuseppe Conte sull'invio di armamenti pesanti a Kiev, l'impasse sul caso di Vito Petrocelli, le tensioni interne e i moniti di Davide Casaleggio sulla pace. Il M5s, sempre più balcanizzato, imbarazza la maggioranza di governo. Sulle armi si è rinnovata, di nuovo, la spaccatura tra il leader e il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, ex capo politico grillino. Se Conte insiste sul no alle armi offensive, chiedendo che il premier Mario Draghi e il ministro della Difesa «vengano in Parlamento» per un «chiarimento», Di Maio, dal Consiglio d'Europa di Strasburgo, ammonisce: «Oggi quello che dobbiamo avere a cuore è lavorare per una soluzione diplomatica e politica ma aspettando segnali di Putin: non c'è alcuna minima sicurezza che fermando il supporto all'Ucraina Putin si fermi. Dobbiamo tenerlo presente altrimenti rischiamo di fare facile retorica».
Mercoledì invece il titolare della Farnesina è intervenuto su un punto sollevato da Conte, la compatibilità dell'invio di materiale più avanzato con l'articolo 51 della Carta dell'Onu, quello sull'autodifesa. «Stiamo operando nel rispetto dell'art. 51 della Carta delle Nazioni Unite», ha ribattuto Di Maio senza però nominare Conte. Mentre Davide Casaleggio è laconico: «È chiaro cosa si sta facendo per la guerra, non è chiaro che cosa si stia facendo per la pace». Una linea vicina al Movimento delle origini, sorprendentemente in sintonia con Beppe Grillo. Conte chiedeva trasparenza sulle armi inviate, ma il Copasir tramite il presidente Adolfo Urso fa sapere che i contenuti dell'ultimo decreto interministeriale sulle armi sono stati secretati. Mentre Giorgio Mulè, sottosegretario alla Difesa di Forza Italia, ironizza: «Sarebbe sufficiente che il presidente Conte facesse due chiacchiere con il ministro Di Maio per sapere se tra quelle armi ve ne sono di difensive o offensive».
E poi c'è il Grillo cinese. Il Garante dal suo Blog fa da grancassa all'ultimo discorso del presidente cinese Xi Jinping, con un post di elogio alla politica estera del Dragone firmato dal professore Fabio Massimo Parenti, che insegna a Pechino.
Nel caos totale, infilza il leader anche Enrica Sabatini, socia di Rousseau e compagna di Casaleggio. Sabatini sottolinea che dopo «oltre un anno del regno Conte il M5s è al suo minimo storico: il 12,7%». Lady Rousseau allega l'ultimo sondaggio del TgLa7 col M5s in calo e affonda il colpo, ricordando come a febbraio 2021 era stato prospettato a lei e Casaleggio un partito al 22% con Conte alla guida. Quindi la conclusione: «Dieci punti percentuali in meno di quelli previsti. Ps: riuscire a ottenere meno consenso di Vito Crimi è tanta roba». Anche per questo motivo Conte cerca di risollevarsi rispolverando il pacifismo, con il rischio di insolentire la dirigenza del Pd.
E poi tiene sempre banco il caso Petrocelli. In assenza di una soluzione per far dimettere dalla presidenza della Commissione Esteri il senatore filo-Putin, Pd e Iv insistono sulla sua rimozione da parte della capogruppo stellata Mariolina Castellone. Castellone spiega che lo spostamento ad altra commissione non è consentito dal Regolamento. «Secondo noi lo spostamento è la via maestra», precisa Simona Malpezzi, capogruppo dem. Il presidente dei senatori di Iv Davide Faraone attacca: «Il M5s dimostra ancora una volta l'ambiguità di un partito che ha una posizione preoccupante sulla guerra».
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