Quella catena di ipotesi che nessuno ha confermato

Tutto il procedimento si basa sulle parole di due pentiti rimaste senza verifica

Quella catena di ipotesi che nessuno ha confermato

«Dichiarazioni de relato da fonte non verificabile». «Fortissimi dubbi sulla credibilità e attendibilità delle dichiarazioni rese sia da Brusca che da Cucuzza», i due pentiti su cui si regge l'intero processo. Va giù pesante Francesco Centonze, uno dei due difensori di Marcello Dell'Utri (l'altro è il professor Tullio Padovani), per demolire il teorema che ha portato l'ex senatore di Forza Italia in un tunnel giudiziario di cui solo ora si intravede la fine. Ieri davanti alla Cassazione i legali di Dell'Utri si trovano un alleato inatteso, il procuratore generale che sposa le loro tesi e chiede la conferma dell'assoluzione del creatore di Publitalia. Ma la difesa sa che la partita è ancora aperta, e che la Corte può prendere altre strade. Così Centonze parte all'attacco dell'intero impianto accusatorio: non solo di quello che portò in primo grado alla condanna di Dell'Utri a dodici anni, ma anche di quanto viene dato per provato anche dalla sentenza d'appello di assoluzione. E cioè che Dell'Utri abbia ricevuto da Cosa Nostra, attraverso l'ex stalliere Vittorio Mangano, richieste e messaggi da recapitare all'allora capo del governo, Silvio Berlusconi. In appello, Dell'Utri venne assolto solo perchè non avrebbe poi riferito il messaggio al Cavaliere.

Ma è proprio la prima parte della ricostruzione, dice Centonze ai giudici della sesta sezione, a fare acqua da tutte le parti. A parlare degli incontri tra Dell'Utri e Mangano sono solo i due pentiti-chiave, Salvatore Cucuzza e Giovanni Brusca: l'assassino di Giovanni Falcone e del piccolo Santino Di Matteo, da poco tornato libero. Ma sulla base delle loro parole, dice l'avvocato, la sentenza ha costruito «una catena di presunzioni condite da abbondanti alterazioni delle risultanze probatorie». «Si presume - continua Centonze - che Brusca e Cucuzza abbiano detto il vero nel processo», cioè quando dissero di avere ricevuto le confidenze di Mangano. «Si presume poi che Mangano abbia detto il vero a Brusca e Cucuzza circa gli incontri e che abbia riferito in maniera accurata il contenuto». E altrettanto inconsistenti sono le ricostruzioni successive, quelle sugli incontri in cui Dell'Utri avrebbe riferito a Berlusconi le richieste prevenutegli. «Insomma, una serie di presunzioni costruite una sull'altra, debolezza su debolezza». Debolezze rese ancora più vistose perchè siamo davanti a un morto, Cucuzza, che riferisce le parole di un altro morto, Mangano: rendendo impossibile interrogarli e incrociarne le versioni.

La ricostruzione compiuta dall'accusa, conclude Centonze, non è affatto l'unica possibile: «Una ricostruzione alternativa, molto solida e plausibile, è che Mangano abbia riferito a Brusca e a Cucuzza qualcosa che non è accaduto, che abbia raccontato di incontri che nel 1994 non sono mai avvenuti con Dell'Utri o che abbia alterato il contenuto di quei colloqui. Per compiacere i sodali che gli chiedevano informazioni in merito ai suoi eventuali contatti con Dell'Utri, Mangano potrebbe avere fornito informazioni mendaci.

Non può dunque essere escluso - anzi è l'ipotesi più accreditata - che Mangano abbia potuto inventare gli incontri per riacquisire un ruolo agli occhi del vertice del sodalizio criminale o più semplicemente per salvarsi la pelle».

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