La calma olimpica di chi, quando piove, passa sempre tra una goccia e l'altra, un'eleganza discreta, il sorrisetto prestampato e accomodante. Gli imbroglioni di altissimo livello non bazzicano certo i bassifondi ma ostentano un profilo basso, stanno attentissimi a non dare mai nell'occhio e si muovono sicuri, mischiandosi alla folla come avvolti dall'afflato della normalità più assoluta. Così si accingeva a fare a Milano anche Craig Auringer, 52 anni, broker finanziario canadese ma cittadino britannico (risulta ufficialmente residente alle Bahamas) ricercato internazionale per un mandato d'arresto emesso dal procuratore distrettuale di New York Damien Williams ad aprile per una maxi truffa ai danni mercato azionario a stelle e strisce. Così lunedì pomeriggio, quando i poliziotti di una «Volante» lo hanno bloccato sul marciapiede nella centralissima via Manzoni dopo che era uscito dall'Armani Hotel, dove alloggiava, ha consegnato tranquillamente i propri documenti. Del resto, pensava, cosa avrebbe potuto accadergli? Il mandato di cattura a suo carico non poteva essere già attivo anche in Italia, lo dimostrava il fatto che il suo nome non aveva lasciato alcuna traccia nemmeno in aeroporto. Non sapeva, forse non immaginava (ed è grave per uno come lui) che negli alberghi le schedine con registrati i dati dei clienti - e nel suo caso anche un doppio nome che, non sempre invece viene inserito a terminale negli scali aeroportuali - qualora questi abbiano guai con la giustizia, una volte nel sistema segnalano in tempo reale una sorta di «alert» alla polizia.
Esattamente quello che è successo appena Auringer è arrivato all'«Armani», con successiva mobilitazione della polizia che lo ha aspettato all'esterno, per poi bloccarlo come in un controllo casuale mentre l'uomo si accingeva a fare una passeggiata. A quel punto è bastato inserire il suo nome in archivio per scoprire lo stato di ricercato internazionale. Mentre veniva portato nel carcere di San Vittore, dove ora è in attesa dell'udienza per l'estradizione in Corte d'Appello, il 52enne non si è mai lamentato o ha alzato i toni, preferendo rinchiudersi in un silenzio decoroso e totale e limitandosi a dichiarare che si trovava a Milano per «una breve vacanza».
Auringer è accusato di far parte di «The Group», una banda di speculatori internazionali privi di scrupoli che aveva accumulato profitti illeciti col metodo pump and dump. Il sistema, con base a Vancouver, prevedeva il rastrellamento di azioni di piccole società in tutto il mondo, poi quotate sul mercato azionario statunitense, che opportunamente «pompate» presso altri investitori con campagne di promozioni fittizie usando false informazioni, assicurano la successiva vendita al massimo della loro quotazione.
Insomma, una
gigantesca manipolazione del mercato azionario - e un danno cospicuo ai normali investitori - che ha fruttato alla banda di truffatori (una decina di persone in tutto) oltre cento milioni di dollari di proventi illeciti.
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