Sono 60mila i lavoratori a rischio delle aziende per le quali è stato aperto un tavolo di crisi al ministero delle Imprese. Altri 120mila dipendenti potrebbero vedere il loro posto spazzato via dalle transizioni, quella green e quella digitale. Parola di Pino Gesmundo, segretario confederale Cgil per le politiche industriali. La denuncia è seria e merita di essere ascoltata ma, allo stesso tempo, è d'obbligo porre una domanda: «La Cgil è lo stesso sindacato che raccoglie firme per i referendum contro il Jobs Act? È lo stesso sindacato il cui segretario Maurizio Landini dichiara la necessità di fare politica schierandosi con la sinistra contro l'autonomia differenziata?». Se la risposta fosse positiva, e non potrebbe essere altrimenti, allora non si potrebbe fare a meno di sottolineare come questo allarme suoni quantomeno un po' tardivo.
Un tempo la Cgil sarebbe scesa in piazza per molto meno. Oggi è passata sotto silenzio anche la cessione al fondo One Equity Partners del 50,1% di Comau, il gioiellino tricolore della robotica, da parte di Stellantis. Allo stesso modo, la Fiom-Cgil si è accodata a Fim-Cisl, Uilm e al ministro Urso per il salvataggio dello stabilimento ex Marelli di Crevalcore, non dopo una polemica con Carlo Calenda che accusava Landini & C. di inazione rispetto al Fondo Kkr che aveva rilevato l'ex controllata Fiat.
Non resta che usare le stesse parole del segretario Cisl Luigi Sbarra al Giornale, «il sindacato fa politica ma in maniera indipendente dai partiti». Se si presta più attenzione a Schlein che al lavoro e ai suoi problemi, si rischia sempre di arrivare in ritardo.
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