Ma per chi convive con il pericolo, la paura non fa 90

Le possibili cause dell'assenza popolare alle esercitazioni contro il bradisismo

Ma per chi convive con il pericolo, la paura non fa 90
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Troppa realtà fa male alla finzione. Nel meridione sospeso tra fatalismo e melodramma, quando il gioco si fa duro, alla fine a nessuno va di giocare; e le esercitazioni volontarie anti-bradisismo in corso a Pozzuoli e Bacoli previste dal decreto Campi Flegrei, sono partecipate meno di un comizio di Elly Schlein a Pyongyang. In trecento si sono iscritti, perché lo sai che poi non si sa mai, ma alla fine si sono presentati in poche decine. Libertà è partecipazione, come cantava Giorgio Gaber, ma anche non partecipare, in fondo, è libertà. Nulla da eccepire sulle intenzioni. Lo spiegamento di forze era imponente, decine di «protettori civili», mezzi, vigili del fuoco. Tutti pronti a insegnare ai cittadini come comportarsi in caso di scossoni vulcanici. Ma la gran parte di questi, a parte avere probabilmente altro da fare, tipo lavorare, deve aver concluso che nella vita l'esperienza conta più delle lezioni: del resto, la gente laggiù convive da sempre con i capricci geologici di un territorio nato sull'orlo di una crisi di nervi. Nei Campi Flegrei il fenomeno è noto almeno dal II secolo avanti Cristo - Pompei scansati - e i cittadini di quest'area insonne tra la periferia occidentale di Napoli e Capo Miseno hanno maturato una confidenza tossica con la paura, ciò che dopo un po' evolve in circospetta abitudine.

Aggiungiamoci il fatto che tali attività di prevenzione da quelle parti non si erano mai viste e si sa che c'è una borbonica diffidenza nei confronti dell'autorità che si preferisce sospettare nemica piuttosto che paternalista. «Andremo avanti comunque», dicono i sindaci, avviliti dall'astensionismo sismico. Ma che vuoi fare: «Pazzo chi joca e pazzo chi nun joca», dicono da quelle parti. E la vita non è un'esercitazione.

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