"Un chiaro messaggio lanciato dallo Zar. Chi proverà a ribellarsi farà la stessa fine"

Il generale, ex capo di Stato maggiore dell'Aeronautica: "Putin ci ha abituati a metodi spicci. Così si garantisce l'appoggio dell'esercito"

"Un chiaro messaggio lanciato dallo Zar. Chi proverà a ribellarsi farà la stessa fine"
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«Date le condizioni che si erano create e visti i metodi spicci a cui Putin ci ha abituati, è probabile che Prigozhin sia stato ucciso, ma una prova certa non l'avremo». Il generale Leonardo Tricarico, ex Capo di stato maggiore dell'Aeronautica Militare, commenta così la morte del capo della Wagner.

È stato un avvertimento per gli altri membri dell'esercito russo?

«Questo è un effetto collaterale. È probabile che Putin abbia voluto chiudere la partita, la cui conclusione, però, è poco credibile. Chiunque oggi voglia tentare una strada simile a quella intrapresa mesi fa da Prigozhin deve sapere che può fare la stessa fine del capo della Wagner. Putin, come abbiamo visto, risolve i problemi alla sua maniera. Ne ha punito uno per dissuaderne altri cento».

La Wagner, quindi, non esiste più?

«Al momento, è stata decapitata. Ricordo che la Wagner, in Africa, si metteva al servizio di chiunque avesse bisogno di un braccio muscoloso per governare certi scenari che potevano essere l'acquisizione e il mantenimento del potere oppure l'intromissione negli affari interni in Paesi come Mali e Niger. Ora, resta da capire quali siano le intenzioni di Putin per salvare questo patrimonio soprattutto in chiave anti-occidentale e per favorire il nostro disinteresse nei confronti dell'Ucraina. Sarebbe contraddittorio il fatto che Putin, liberandosi di Prigozhin, abbia perduto tutto ciò che ha acquisito in Africa e sicuramente avrà pensato a qualche forma di mantenimento».

Come, per esempio, l'obbligo per i paramilitari di giurare fedeltà alla Russia?

«Si tratta di un atto formale, certamente di grande spessore, probabilmente vincola i contraenti al rispetto più rigoroso di fedeltà ma non mette certo al riparo da inconvenienti se le dimensioni delle milizie dovessero divenire, abbinate a leadership ambiziose, preoccupanti».

L'esercito russo sta ancora dalla parte di Putin?

«Putin ha salvaguardato la reputazione e la figura dei generali a lui fedeli come Gerasimov e Shoigu, mentre ha punito chi poteva rappresentare un pericolo come Surovikin che è stato estromesso dal potere. All'orizzonte, con gli elementi a nostra disposizione, non è dato vedere alcunché. Al momento, sembrerebbe che Putin possa restare in sella fino alle prossime elezioni, ma bisogna sempre lasciare una porta aperta all'imprevedibile».

Perché la controffensiva ucraina non ha ottenuto i risultati che Zelensky auspicava?

«Non ci voleva una grande esperienza militare per capire che questa controffensiva non sarebbe stata risolutiva. I risultati sono stati molto contenuti e ci troviamo sempre di fronte a una guerra di logoramento e di stallo per il quale non è prevedibile capire come uscire da questa fase critica.

La controffensiva è naufragata anche se finalmente sembrano cadute le riserve per la fornitura di F-16 grazie ai quali Zelensky vuol far credere che ribalterà le sorti della guerra, ma non è così. Tutto continua a postulare l'avvio del negoziato come se fossimo ancora a pochi mesi dall'avvio della guerra ma, purtroppo, con alcune centinaia di morti in più rispetto ad allora».

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