Chiudono un occhio con gli anarchici come coi terroristi

Sia con i terroristi urbani sia con i terroristi islamici l'Italia opera con una visuale miope

Chiudono un occhio con gli anarchici come coi terroristi

Venerdì primo maggio a Milano nello scontro con i cosiddetti «antagonisti» si è registrata la convergenza e si è toccato con mano il fallimento della medesima strategia adottata, a partire dagli anni Settanta, dai governi italiani con la criminalità organizzata e il terrorismo di matrice interna e straniera.

La sintesi di questa comune strategia è di pervenire, costi quel che costi, a un accordo sottobanco con il nemico dichiarato dello Stato incentrato su questo baratto: «Io Stato ti garantisco un margine di legittimità informale e persino di operatività sostanziale che consenta a te, nemico dello Stato, di attuare almeno parzialmente gli obiettivi che corrispondono alla tua ragion d'essere. Tu nemico dello Stato mi garantisci che non attenterai agli obiettivi vitali dello Stato, non concepirai il territorio nazionale come campo di battaglia contro l'Italia o di regolamento di conti contro fazioni avverse alla tua area di appartenenza».

In definitiva i governi hanno delegato principalmente ai Servizi segreti, che istituzionalmente sono preposti alle operazioni clandestine, e alla Digos che è l'apparato di Polizia radicato sul territorio e infiltrato negli ambienti più pericolosi per la sicurezza nazionale, il compito di trattare, definire e far rispettare dei singolari patti di convivenza contronatura tra nemici all'interno di una casa comune, che è la nostra Italia. Apparentemente lo Stato, quale padrone di casa, ha il coltello dalla parte del manico. Di fatto i risultati confermano che a beneficiare di questa strategia del «vivi e lascia vivere», sono stati principalmente i nemici dello Stato.

Se per il ministro degli Interni Alfano, secondo una dichiarazione resa ieri, l'intervento delle forze dell'ordine a Milano è da considerarsi un successo perché «ha evitato il peggio», in quanto «la giornata inaugurale dell'Expo non è stata macchiata dal sangue né dei manifestanti né delle forze dell'ordine», ebbene sorgono più di un dubbio.

Innanzitutto, come potrebbe sentirsi tranquillo Alfano con circa un migliaio di terroristi urbani (è il termine più corretto rispetto a «teppistelli figli di papà», «farabutti col cappuccio», «imbecilli violenti», considerando l'armamentario da guerriglia urbana, l'organizzazione militarizzata e il livello della devastazione prodotta), provenienti da vari Paesi europei che si sono infiltrati in Italia e che potrebbero rimettere a ferro e fuoco Milano durante i prossimi sei mesi di durata dell'Expo?

In secondo luogo come può Alfano cantare vittoria quando il centro di Milano è stato trasformato in un campo di battaglia con le strade deserte avvolte dal fumo delle molotov e dal fumo dei lacrimogeni, con decine di auto incendiate, banche, negozi ed edifici danneggiati, fioriere divelte e cassonetti dati alle fiamme?

È possibile che Alfano ostenti una certa tranquillità perché si sarebbe arrivati a un accordo con i terroristi urbani, del tipo: «Vi abbiamo lasciato sfogare, avete avuto modo di mostrare al grande pubblico le ragioni per cui scegliete di protestare violentemente, ora però tornate a rispettare i patti». In cosa concretamente consistono questi patti? Vi siete mai chiesti come sia possibile che questi terroristi urbani, indicati come «centri sociali», «black bloc» «anarchici» o «cani sciolti», dispongano all'interno delle nostre città di sedi il cui affitto e le varie utenze vengono pagate dalle istituzioni dello Stato che loro combattono come il nemico? Vi siete mai chiesti come sia possibile che le leggi dello Stato tutelino più questi nemici dello Stato rispetto alle forze dell'ordine che rischiano la vita per difendere lo Stato?

Ebbene ciò prefigura un patto simile a quello stipulato con i terroristi palestinesi dell'Olp in base al quale l'Italia chiuse un occhio per consentire loro di far transitare armi e denaro sporco, ottenendo in cambio la preservazione del suolo nazionale dagli attentati terroristici, anche se fummo comunque colpiti dal gruppo di Abu Nidal che era nemico di Arafat. Oggi l'Italia si è alleata con i Fratelli musulmani, che offrono la loro collaborazione per scovare i terroristi islamici di Al Qaida o dell'Isis, ottenendo in cambio la legittimazione ufficiale e il controllo delle moschee su cui fondano l'islamizzazione dell'Occidente.

Sia con i terroristi urbani sia con i terroristi islamici l'Italia opera con una visuale miope: la parola d'ordine è evitare che mettano la bomba oggi, mentre ciò che potrebbe accadere domani non è affare mio; quindi è opportuno cercare di andare d'accordo con tutti e non inimicarsi nessuno. Un tribunale della storia lo condannerebbe come «alto tradimento».

Preferiamo essere ricordati come le vittime sacrificali di questi patti suicidi con il nemico o assumere da subito da protagonisti l'iniziativa di assicurare anche ai nostri figli e nipoti il diritto a vivere con dignità e libertà dentro casa nostra?

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