Il ciclista, l'ultimo sprint e la prima vittoria

Alan Marangoni chiude la carriera con un successo. Non gli era mai accaduto

Il ciclista, l'ultimo sprint e la prima vittoria

Stava per chiudere la carriera da professionista senza mai vincere. Inglorioso. Dieci anni da gregario piazzato. Che è peggio che indossare la maglia nera al giro d'Italia, quella almeno te la devi sudare. Per uno come Alan Marangoni, 34enne campione nazionale dell'inseguimento nel 2005, finirla così sarebbe stato troppo. Un corridore esemplare nei comportamenti e, allo stesso tempo, un'energia positiva per il mondo del pedale italiano. Vederlo lottare, come nella (sua) tappa di Forlì al Giro d'Italia 2015, e mancare di poco il traguardo sembrò ingiusto.

E invece per l'uomo della Nippo Vini Fantini Europa Ovini è finita come nelle favole. Con un finale epico da uomo solo al comando. Un filmatone che farà spettacolo in occasione della festa d'addio del 1 dicembre alla pista di pattinaggio di Lugo. Lo sprint decisivo, l'altra notte in Giappone, al Tour di Okinawa, dove Marangoni ha staccato tutti arrivando solo al traguardo davanti all'australiano Freddy.

Doveva essere una passerella in terra d'oriente, l'ultimo giorno di scuola, poi tutti a casa a programmare il futuro. Invece il ciclista di Cotignola si è preso la rivincita negli ultimi chilometri in solitario, una galoppata gioiosa dopo anni ad aiutare il prossimo a vincere. In extremis si è meritato un posto accanto a certi grandi gregari. Tipo due romagnoli come Luciano Pezzi e Roberto Conti. Gente che ha vinto poco ma benissimo nonostante si ammazzasse di fatica per Fausto Coppi e Marco Pantani.

Logico che i questi ultimi giorni lo avessero glorificato sui social decantandone le qualità sportive e umane. Si fa con chi chiude a prescindere. Ma lui non si sentiva ancora un ex, un perdente di successo. E ci ha dato dentro come un matto. «Difficile descrivere l'emozione che ho provato al traguardo spiega Marangoni - È stata un'esplosione di gioia ma anche di rancore accumulato per tutte le occasioni perse in questi anni. In un attimo mi è passata davanti agli occhi una processione di episodi sfigati». Anche ieri nessuno gli ha regalato niente. «Ho azzeccato la fuga dopo 30 chilometri racconta il passista romagnolo - Eravamo in 11 ma dopo l'ultima salita siamo rimasti in 4. Ai meno 5, poi, ho attaccato di prepotenza su un cavalcavia».

Gli attaccanti superstiti si sono piantati come su una salita alpina, e Alan è transitato al traguardo con 18 secondi di vantaggio. Abbastanza per esultare, sistemarsi la maglietta, e ringraziare. Anche tutti coloro che lo hanno sostenuto in questi anni. Alla fine se l'è goduta.

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