"Con la cintura di sicurezza Gaia sarebbe viva". La madre e l'amica ora rischiano il processo

I pm di Roma hanno chiesto il rinvio a giudizio per le due donne: "Dovevano vigilare sulla ragazzina di 13 anni"

"Con la cintura di sicurezza Gaia sarebbe viva". La madre e l'amica ora rischiano il processo
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Sarebbe bastato mettere la cintura di sicurezza e l'incidente non avrebbe avuto conseguenze fatali. Invece Gaia Menga, 13 anni, morta la notte del 4 novembre 2023 dopo uno schianto in via Laurentina a Roma non la indossava. La madre che dormiva e l'amica che era alla guida dell'auto non l'hanno controllata e invece avrebbero dovuto vigilare su di lei, minorenne. Per questo motivo su di loro pende una richiesta di rinvio a giudizio decisa dai pm di Roma che indagano sull'accaduto. Stando alla ricostruzione dei magistrati la donna che guidava l'auto, Betty Sorsile, avrebbe dovuto imporre alla ragazzina di indossare la cintura. Per questo è accusata di omessa vigilanza in relazione all'omicidio stradale. Stessa accusa contestata alla madre della piccola, Giada Gerundo, rimasta illesa nello schianto che, per un tragico scherzo del destino, poco tempo prima aveva perso il marito in un altro incidente stradale, da cui anche in quel caso si era salvata.

Una tragedia, quella di Giada, che secondo gli inquirenti quindi non è solo tale ma ha anche dei responsabili che dovranno ora rispondere dell'accusa di omicidio stradale. Chi guidava, la Sorsile, 33 anni, è imputata perché il ruolo di guidatrice la obbliga a verificare che i passeggeri, specie se minori, viaggino in condizioni di sicurezza. La madre, 34 anni, come tutrice della giovane avrebbe dovuto verificare che la figlia avesse la cintura di sicurezza allacciata.

«Quando siamo partite Gaia aveva la cintura», ha raccontato la Gerundo agli investigatori. Poi la donna ha raccontato di essersi addormentata dopo la cena ad Anzio e quindi non avrebbe più tenuto sotto controllo la figlia. Per gli inquirenti, se anche la giovane si fosse slacciata la cintura di sicurezza in un secondo momento, nulla cambia: la madre avrebbe dovuto infatti fare comunque attenzione alla figlia. Una circostanza eventuale che non cambierebbe nemmeno la posizione della Sorsile che avrebbe dovuto comunque vigilare sulla propria auto. La posizione dell'autista è peraltro ancora più grave considerato che gli esami effettuati dopo l'incidente avrebbero evidenziato un superamento, anche se di poco, del limite di velocità imposto in quel tratto di strada, contribuendo quindi al ribaltamento dell'auto poi risultato fatale a Gaia.

La dinamica dell'accaduto infatti sembra chiara. Le due donne erano andate a cena ad Anzio e la Gerundo ha portato con sè la figlia Gaia che conosceva molto bene l'amica. Entrambe evitano di bere, anche visto il precedente che coinvolge la donna, la perdita del marito in un altro incidente stradale. Sulla strada del rientro verso casa inizia a piovere e a un incrocio, la Sorsile, che viaggiava a 80 chilometri orari secondo i rilievi, oltre il limite previsto, impatta contro una rotatoria, perde il controllo dell'auto che si ribalta. La ragazzina, muore sul colpo.

Le due donne, sedute davanti, rimangono illese. Una tragedia senza senso e senza colpevoli, almeno fino a ieri. Visto che secondo i pm proprio le due donne sono in qualche modo responsabili della tragica fine di quella che sembrava una serata come tante.

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