Marco Lisei, senatore di Fdi di Bologna, accantona i mocassini per infilarsi gli stivali. E assieme al vice ministro delle Infrastrutture, Galeazzo Bignami, gira per le campagne romagnole allagate. In tandem postano video, aiutano i sindaci, raccolgono le grida disperate degli abitanti e la parola più ripetuta è «disastro». E per Lisei, bolognese doc, è «straziante vedere questo territorio distrutto e così tante persone disperate».
Ma contro chi bisogna puntare il dito? Due cause principali: la scarsa manutenzione degli alvei dei fiumi e le nutrie. Gli animalisti faranno un balzo, ma per Lisei «sono la concausa della devastazione». E spiega il perché. «Questi animali fanno le tane nell'argine dei fiumi. Scavano dei tunnel che provocano delle aperture nel terreno rendendolo molto fragile».
Che fare per non provocare una sollevazione degli animalisti? «La nutria fa il suo lavoro, scava spiega la colpa è dell'uomo che le lascia lì a fare danni. Quindi bisogna fare un contenimento. Le nutrie vanno spostate e le tane si devono chiudere. Non possono morire delle persone perché questi animali devono vivere negli argini».
Il senatore è consapevole degli strali che si tirerà addosso. Ma sfida «l'ecologismo d'assalto». E accusa «l'ambientalismo ideologico che vorrebbe vedere la natura prevalere sull'uomo».
In effetti, uno studio dell'università di Modena, parla di «argini groviera» perché nutrie, tassi e istrici intaccano notevolmente la tenuta dell'argine di un fiume. La vita di quest'opera idraulica, che in condizioni normali regge cent'anni, cala drasticamente a 10 anni quando gli animali scavano le tane. La prova è in uno studio fatto sul fiume Secchia, nel 2014 quando venne scoperto il ruolo determinante giocato dagli animali per la rotture dei suoi argini che provocò un'alluvione.
Ma accanto al problema dei roditori c'è l'annoso capitolo manutenzione. Sedimenti e vegetazione nei fiumi aumentano la permanenza dell'acqua e quindi la pressione sugli argini. «Detriti, arbusti, fronde che arrivano da monte, intasano il letto del fiume che diventa più alto e gli argini riducono il loro contenimento spiega Lisei - C'è meno spazio per l'acqua e gli alvei reggono una pressione minore».
Già, la pulizia, quella di cui avrebbe dovuto occuparsi la regione assieme ai consorzi. Che evidentemente qualche colpa ce l'hanno. «Ci sono due fascicoli in procura - dice Lisei verranno fuori dei nomi. Per il momento sappiamo solo che nessuno ha mai toccato un euro degli 8,5 miliardi stanziati nel 2018 per il dissesto idrogeologico. E nel Pnrr solo 2,5 miliardi 190 sono stati dedicati a questo settore in un territorio fragile come quello italiano».
Ma il risultato del disinteresse per la cura del territorio è l'alluvione della Romagna martoriata prima dalle piogge e ora minacciata dalle frane, pericolose e molto insidiose.
E in questo desolante quadro ognuno cerca di dare sostegno. Lisei e Bignami girano per comuni e campagne per risolvere intoppi che bloccano l'attività di soccorso. «Abbiamo recuperato i massi ciclopici che un primo cittadino cercava disperatamente ma non riusciva a procurarseli racconta Lisei - Abbiamo chiesto di riaprire una vecchia tratta autostradale per collegare un comune isolato, aiutato a coprire un argine del fiume che stava per collassare. Stiamo facendo di tutto. A differenza di chi è stato eletto da queste parti e lancia strali sul governo dalla capitale». Come Angelo Bonelli leader dei Verdi.
E' stato eletto a Imola, ma nessuno lo ha visto «sporcarsi le mani» nel fango. «Io non l'ho mai incontrato sul territorio. Ma siamo abituati all'ecologismo da salotto che ora dev'essere superato dal pragmatismo. Il comportamento di Bonelli si commenta da solo e lo giudicheranno gli elettori».
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