Comici in tv In Italia la tragedia è sempre farsa

Chi nel tempo ormai remoto di un'altra Italia aveva qualificato come memorabili gli scontri tra Alcide De Gasperi e Palmiro Togliatti non poteva prevedere l'avvento di altri e ben più importanti duelli della politica italiana. I protagonisti di quella lontana e drammatica stagione, personificata dai volti severi del trentino prestato all'Italia e dell'italiano prestato all'Urss, inducevano al ragionamento, al risentimento, spesso alla rabbia.

Roba vecchia. I duelli d'oggi si propongono tutt'altro fine. Far ridere. Non che siano mancati e mancheranno, nei dibattiti televisivi à la page , profondi (...)

(...) pensieri sull'attualità politica, economica, culturale. Le chiacchiere del piccolo schermo ne saranno anzi gremite. Ma quell'armamentario austero venato d'ideologia è destinato a rimanere sempre più in sottofondo, tanto per simulare arie intellettuali.

Il nerbo dei programmi politici già è stato in parte e sempre più sarà riservato alle comiche. Se ne ha la prova in due programmi prossimi al debutto. Il collaudato Ballarò sulla Rai e il nuovo diMartedì , su La7. Entrambi attesi per il 16 settembre. La7 ha arruolato Giovanni Floris che a lungo diresse Ballarò e che si affiderà ancora all'introduzione leggera di Maurizio Crozza. Si poteva pensare che Massimo Giannini, investito dell'eredità di Floris, dovesse molto temere l'offensiva del predecessore, anche perché di sua natura pare propenso a una severità didascalica e schierata. Ma a quanto si dice, nei piani alti di viale Mazzini è stata elaborata una contromossa degna, si parva licet , di Erwin Rommel. In contemporanea a Floris la Rai farà appello a Roberto Benigni. Che non avrebbe, se le voci sono vere, una funzione di diversivo dilettevole, ma occuperebbe la centralità dell'inedito programma.

Benigni è totalmente a suo agio nel contaminare gli spazi alti del pensiero con brillanti trovate da guitto. Ha declamato la Divina Commedia e diretto La vita è bella ma ha anche preso in braccio un impacciato benché non riluttante Enrico Berlinguer. Che non era un compagnone allegro, ma ha assecondato la monelleria di Benigni come mai avrebbero fatto De Gasperi o Togliatti. Adesso, sciolta ogni redine, trasferiti gli eventi televisivi un dì solenni sul ridanciano, ne vedremo delle belle o delle brutte. Da spettatore, e prescindendo da ogni risvolto politico, mi auguro - senza troppo sperarci - che ci vengano risparmiate continue battute sul Cavaliere e sul cagnolino Dudù.

Rilevante non è la scelta dello schieramento di Ballarò e di diMartedì , la scelta è arcinota. Rilevante è il modo in cui l'innesto della comicità nella seriosità potrà realizzarsi. Non è indispensabile che i comici ridicolizzino la politica - ci pensa da sola - è invece auspicabile che i politici non renderanno noiosa la comicità. Se rateizzato con talento l'abbinamento dell'impegno alla risata dà risultati straordinari. Shakespeare amava questi intrecci, Charlie Chaplin con Tempi Moderni filmò una requisitoria cattivissima facendoci sganasciare. Ma siamo ai geni e alle leggende. Con tutto il rispetto dovuto a colleghi che fanno del loro meglio, penso - forse non lo pensano loro - che Floris e Giannini stiano un po' più sotto.

Sarò malfidente, ma la zattera dei comici somiglia molto, secondo me, all'esito di un naufragio. I dibattiti televisivi ci devono essere, anche se hanno il vizio di descrivere l'Italia come un Bangladesh. Ma il troppo stroppia. Abbiamo voglia di ridere, ma non proprio parlando di politica.

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