Lungi da noi voler inviare alla segretaria del Pd energie negative (i progressisti sono attenti a questo genere di cose, come sentono che l'aura si sporca corrono ad accendere candele bianche). Ma certo è che, alla luce dei suoi consensi interni al partito ancor prima che esterni, e in vista del voto per le Europee il prossimo 9 giugno (sembra lontano, ma poi è un battito di ciglia), ci ha colti la tentazione di provare a pensare cosa resterà di Elly Schlein e della sua esperienza (anche questo termine è caro ai progressisti) politica. A partire da quella che è stata praticamente la sua frase di insediamento il 7 aprile del 2023: «Ora qualche giorno di pausa».
Seguita da parole che avrebbero dovuto essere un monito per tutti, l'interpretazione del suo ruolo e di come lo avrebbe portato avanti, occupandosi cioè solo della parte destruens senza porsi il problema di quella construens. Al suo ritorno dalla vacanza di riposo prometteva infatti: «Poi continueremo a essere un problema per il governo Meloni». Si è data la missione di essere un problema e in questo, in effetti, è riuscita. Solo che ha rappresentato una grana per i propri alleati. Non è strano per una ragazza «bene» (nata e cresciuta in Svizzera, volontariato a New York...) che viene da una famiglia come la sua, una di quelle fortunate, illuminate genie nella quale ognuno, da generazioni, ha almeno una laurea e uno spazio nel palmarès assegnato ancor prima di venire al mondo. Uscendo da un simile cespuglio genealogico ci si abitua ad avere opportunità e indulgenza e si pensa che anche il resto del mondo debba assicurare lo stesso trattamento. Da qui, forse, tante delle pittoresche scelte di Elly, quelle per le quali la ricorderemo davvero. Dalla caleidoscopica vita sentimentale («ho amato molti uomini e molte donne»), all'affascinante fidanzata Paola Belloni (che Dagospia dà per ormai ex dall'estate scorsa); dall'idea di affidare a un'armocromista la comunicazione di se stessa più che alla prosa spesso eccessivamente elitaria per non dire involuta.
Qualcuno che le mettesse a punto l'anti power dressing, qualcuno in grado di scoprire la «donna inverno» che c'è in lei e di capire che Elly sta bene in compagnia dei colori freddi (dal sottobosco in giù verso tutto ciò che è spento), qualcuno tanto autorevole da sfilarle l'eskimo e stringerla in un trench glauco perfetto per essere immortalata su Vogue. Una delle rare volte in cui si è concessa senza remore prima di adottare il silenzio selettivo come resistenza attiva.
Di Elly ricorderemo il suono delle domande senza risposta: dalla guerra in Ucraina allo spot della pesca Esselunga. Le riunioni di partito organizzate nella spa.
Il suo modo di calarsi nel mondo reale (quindi dall'alto) ma solo per brevi, turistiche incursioni: bisogna avere l'aspetto di qualcuno masticato dalla vita, non farsi masticare davvero. Il suo attaccamento all'idea di lotta più che alla lotta in sé. D'altra parte l'aveva detto fin da subito: «Ora qualche giorno di pausa».
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