Alla Segreteria di Stato, il ministero degli Esteri del Vaticano, non sanno a che Santo votarsi dopo le parole del Papa sull'Ucraina. Giusto negoziare, ma da una posizione di forza, non certo sventolando bandiera bianca, altrimenti si rischia la capitolazione. Papa Francesco è riuscito a deludere terribilmente i greco cattolici, che hanno tanti cappellani militari al fronte e la fiorente comunità dei cristiani ucraini in Italia rimasti «sgomenti». L'unico a gongolare sarà il patriarca della chiesa ortodossa russa, paladino della linea guerrafondaia del Cremlino. Ed è almeno curioso che il Santo Padre indichi nel neo sultano Erdogan il dominus per la pace in Ucraina. Forse ha ragione, ma proprio il Vaticano si era proposto come negoziatore. Purtroppo si sono perse le tracce del tentativo portato avanti dal cardinale Zuppi. L'Ucraina non è (ancora) sconfitta come pensa il Papa, ma per evitare il peggio bisogna continuare ad aiutare la resistenza di Kiev senza centellinare di fronte ad un invasore all'attacco, che ha un rapporto di fuoco della solo artiglieria di 5 a 1. Il mondo libero deve convincere e aiutare l'Ucraina a negoziare, ma partendo da una linea del Piave difensiva invalicabile per l'armata russa e non con una pistola puntata alla testa dettata da munizioni e truppe che scarseggiano, posizione perdute e stanchezza occidentale. Il fattore tempo è cruciale con l'avvicinarsi delle elezioni negli Usa. Se Donald Trump tornasse alla Casa Banca gli ucraini rischiano di venire abbandonati a loro stessi. Un motivo in più per un negoziato giusto tutto da costruire, che forse comporterà una pace mutilata per Kiev, ma una vittoria verso il futuro europeo del Paese. E a Putin resterà in pugno solo una vittoria di Pirro e la condanna della storia.
Altrimenti, e su questo il Papa ha ragione quando parla di terza guerra mondiale a pezzi, paesi Nato come Polonia, Francia, Inghilterra, i baltici potrebbero inviare truppe in Ucraina. Ma siamo pronti a morire per Kiev?
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