Commercio e diplomazia, Zelensky va all’attacco. "Delusi da Europa e Nato"

Kiev: temono di entrare in conflitto con Mosca "Boicottare Auchan, Decathlon e Leroy Merlin"

Commercio e diplomazia, Zelensky va all’attacco. "Delusi da Europa e Nato"

Non fate affari con la Russia. L'Ucraina incoraggia le grandi aziende occidentali a boicottare il Paese di Putin. E i consumatori a boicottare quelle che non lo fanno. Ieri il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba se l'è presa con tre aziende di grande distribuzione francesi (Auchan, Decathlon, Leroy Merlin), invitando i consumatori di tutto il mondo a boicottarle fi quando continueranno a vendere i loro prodotti nella sterminata federazione finendo per, come dice Kuleba, «sponsorizzare le atrocità russe in Ucraina e realizzare profitti sanguinosi».


Le tre aziende francesi sono «imparentate» tra loro: Auchan e Leroy Merlin fanno parte dello stesso gruppo fondato nel 1961 da Gérard Mulliez, mentre il primo negozio Decathlon fu aperto nel 1976 da un cugino di Mulliez, Michel Leclercq. Oggi Auchan possiede in Russia 311 negozi, Leroy Merlin ha 100 store e Decathlon 60. Curioso il caso della grande catena di fai da te, che una settimana fa è stato colpito da un attacco russo su un centro commerciale vicino a Kiev. «Leroy Merlin è diventata la prima impresa al mondo a finanziare il bombardamento dei propri negozi e a uccidere i propri dipendenti», ha ironizzato Kuleba.
Le aziende sono in difficoltà, pressate in patria - anche con proteste davanti al quartier generale di Croix - e in Ucraina. Ma rispondono con distinguo assai imbarazzati. «Un fallimento premeditato e la conseguente espropriazione rafforzerebbero il governo russo», fanno sapere da Leory Merlin. La Afm (Association Familiale Mulliez) parla di 76mila persone da licenziare.


Uno studio della Yale University in continuo aggiornamento censisce al momento 400 compagnie internazionali che hanno aderito al boicottaggio commerciale della Russia, suddivise in cinque categorie: quelle che si sono ritirate totalmente (che sono 174 e comprendono Airbnb, eBay, Eni, Expedia, Ferragamo, Netflix, Spotify, TripAdvisor e Uber); quelle che hanno solo sospeso le attività (195, tra le quali Adidas, Apple, Coca-Cola, Dhl, Disney, Ferrari, H&M, Ike, LVHM, McDonald's, Microsoft, Nike, Prada, Sony, TikTok e YouTube) e quelle che stanno riducendo le attività (31, tra cui Allianz, General Electric, Kellogg, Pepsi e Whirlpool). Ma altre fanno orecchie da mercante, come le 56 compagnie che prendono tempo limitandosi a ritardare nuovi investimenti o a sospendere la pubblicità. Dentro c'è di tutto: AstraZeneca, Barilla, Bayer, Danone, Hilton, Johnson&Johnson, Pfizer, Philip Morris, Pirelli, Procter&Gamble, Unilever e quella Nestlè della quale qualche giorno fa Zelensky ha detto che è «una compagnia che ha come slogan buon cibo, buona vita» ma che «continua a fare affari in Russia anche se i nostri figli stanno morendo e le nostre città vengono distrutte». E altre 42 compagnie rifiutano completamente anche solo di ridurre le attività a Putinlandia: per lo più colossi cinesi come Alibaba, Huawei, Lenovo e Xiaomi, ma nella lista, oltre a Auchan, Decathlon, Leroy Merlin ecco Credit Suisse, la francese Société Génerale, la tedesca Metro, la polacca Cersanit, Turkish Airlines.


Zelenski ieri se l'è presa con l'Occidente anche per il comportamento deludente di Nato e Ue. «Ci aspettavamo più coraggio. Decisioni più forti - ha spiegato il capo di gabinetto presidenziale ucraino, Andriy Yermak, in un intervento video all'Atlantic Council, uno dei principali think tank americani -. La Nato sta solo cercando di assicurare di non provocare un conflitto militare con la Russia mentre noi abbiamo bisogno di cose molto concrete ma dobbiamo ancora ripetervele più volte».

Quanto all'Ue, ieri Kiev ha chiesto all'Ue di chiudere le frontiere con Russia e Bielorussia e ha rimarcato le esitazioni sulle sanzioni. «Avete bloccato il Nord Stream 2 e ve ne siamo grati - ha detto Zelensky in un video destinato ai 27 - ma è stato fatto un po' tardi. Se fosse stato fatto in tempo, la Russia non avrebbe creato una crisi del gas».

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