Neppure troppo velata, la sceneggiatura horror ipotizzata per la Francia dal premier Barnier due giorni fa era di «gravi turbolenze sui mercati» in caso di sfiducia al governo. Il rischio c'è ancora: lo Spread è ai massimi dal 2012. Ma ieri il 73enne neogollista, scelto da Macron per guidare il Paese dopo le elezioni anticipate, ha sparigliato: provando a salvarsi, ha accolto a sorpresa alcune istanze dei lepenisti, piazzando in manovra 3 miliardi per evitare l'aumento delle bollette dell'elettricità come chiesto dal Rassemblement national. E aprendo poi, in un'intervista a Le Figaro, pure a un taglio sensibile agli aiuti medici riservati ai sans-papier.
Due le necessità: chiudere la Manovra 2025 senza scontentare troppo francesi e alleati, e tenere soprattutto costantemente aperto il cassetto delle proposte della destra-destra che, dall'opposizione, tiene Barnier sulla graticola. Se il gruppo di Marine Le Pen il 4 dicembre votasse infatti la mozione di sfiducia proposta dalle sinistre, l'esecutivo cadrebbe all'istante e non arriverebbe a presentare la Manovra. I numeri le opposizioni li avrebbero. Dunque meglio fare «concessioni», ha ammesso il ministro dell'Economia, Armand, più che un «salto nel vuoto»; finire l'anno senza legge di Bilancio aprendo a ogni forma di speculazione politica, sociale e finanziaria. Già aleggia su Parigi. E la caduta del governo la innescherebbe.
Ma Le Pen ha giocato subito al rialzo, conscia di poter far slittare strategicamente la resa dei conti al 9 dicembre o perfino al 20. Incassata una prima «vittoria», rivendicata sui social da Jordan Bardella, ha messo sul tavolo altre istanze lasciando Barnier appeso a un filo. E alla fine ha lanciato un ultimatum: «Ha tempo fino a lunedì per darci risposte». «Ho ascoltato, mi sono preso le mie responsabilità - ha risposto il premier - vedremo se altri faranno lo stesso». Il dilemma resta. Ha guadagnato tempo in vista del (primo) giorno della verità? È pronto a trattare ancora? Certo Barnier deve tener conto pure dello sguardo cinico dei mercati. Ieri il ministro dell'Economia ha rispedito al mittente il paragone che i media continuano a fare, tra l'economia transalpina e quella greca: «La Francia ha un potere economico e demografico di gran lunga superiore, non è la Grecia», ha detto in tv dribblando il rischio caos. Ma il mercato dei titoli di Stato d'Oltralpe ha subìto la peggiore ondata di vendite degli ultimi due anni e l'andamento parla chiaro: Parigi sta retrocedendo nella classifica dei Paesi più affidabili dell'Eurozona. I titoli di Stato a 10 anni (Oat) hanno superato i corrispettivi greci, prima di ripiegare. Dunque, porta aperta ai lepenisti. E dita incrociate.
Da Barnier, Le Pen vuole uno sforzo maggiore: la rivalutazione delle pensioni dal 1° gennaio e non da luglio, e una sforbiciata profonda agli aiuti di Stato per gli stranieri illegalmente presenti; quelli medici non saranno soppressi del tutto, ha detto il premier, che ieri ha aperto pure a sgravi fiscali per le aziende che pagano stipendi fino a 2.500 euro. Anche i sondaggi inseguono Barnier al pari dei sindacati: il 53% dei francesi è favorevole alla sfiducia.
E lui pare davvero pronto a tutto: per salvare il posto e fors'anche la Francia da una sorta di shutdown all'americana. Per il tribuno della gauche, Jean-Luc Mélenchon, «tra sei giorni non ci sarà più un governo». Certo è la legge fatta inizialmente di tasse e tagli è già cambiata parecchio.
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