Una delle più note presentatrici di Tolo Tv, tra i principali canali afghani, Beheshta Arghand (nella foto) e di fronte a lei l' intervistato: uno dei capi talebani, Mawlawi Abdulhaq Hemad. La trasmissione andata in onda ieri vorrebbe comunicare normalità. E così si sforza di interpretarla il direttore delle news dell'emittente televisiva, Miraka Popal, che sui social scrive: «i talebani permettono alle donne di condurre programmi tv». Sulla stessa falsariga il numero uno del gruppo finanziario a cui Tolo appartiene: ha diffuso immagini di giornaliste al lavoro nelle strade di Kabul con il commento: «Le nostre coraggiose reporter in giro stamani per Kabul».
Anche le dichiarazione del capo talebano appaiono melliflue: «Mi meraviglia che ci sia chi ha paura di noi», ha detto nell'intervista. Difficile conciliare queste parole con i principi di un movimento che nella prima tornata al potere tagliava le dita alle donne che si mettevano lo smalto. Più probabile, o almeno così lo interpretano gli osservatori, che la mossa faccia parte di una strategia per mostrare un atteggiamento di moderazione. «L'Emirato islamico non vuole che le donne siano vittime», ha detto un altro capo talebano all'Associated Press. «Saranno anche loro nel governo secondo le norme della Sharia». Intanto, però, le scuole femminili sono state chiuse e in molte aree del Paese è di fatto impossibile vedere donne in giro non accompagnate da un parente maschio.
A scanso di pericoli gli abitanti della capitale hanno abbattuto i cartelloni pubblicitari che mostravano
immagini femminili senza velo. «I media potranno continuare la loro attività», ha detto uno dei portavoce talebani. «Basta che non contraddicano i valori islamici, che siano obiettivi e non ostacolino l'interesse nazionale».
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