Confermata in appello la condanna a 24 anni e sei mesi inflitta ad Alberto Scagni per l'omicidio della sorella Alice, massacrata con 19 coltellate sotto casa a Genova il 1 maggio del 2022. Per i giudici, seppur seminfermo di mente, l'imputato aveva premeditato il delitto.
Una decisione che scontenta i genitori di Alberto, nello stesso processo parti offese e parti civili: «Nostro figlio deve essere curato, invece lo mettono in carcere e poi quando sarà vecchio in una Rems (residenza per l'esecuzione delle misure di sicurezza, ndr)», il commento della madre, Antonella Zarri, all'uscita dell'aula. La necessità delle cure e di un ricovero in Rems prima dell'espiazione della pena era stata ribadita dai legali durante l'arringa, mentre il pg aveva chiesto l'ergastolo perché l'imputato sarebbe stato perfettamente in grado di capire cosa stava facendo quella sera, quando aveva minacciato di uccidere la sorella se i genitori non gli avessero dato i soldi che aveva chiesto. Dopo la telefonata Alberto andò sotto casa e aspettò Alice per ore, quando arrivò la uccise. Nel frattempo il padre, spaventato dalla crescente aggressività del figlio, aveva chiamato la centrale operativa della polizia segnalando il pericolo, ma invece di intervenire gli agenti gli dissero di restare in casa e di richiamare nel caso in cui il figlio si fosse presentato da loro. Motivo per il quale dopo la tragedia i genitori di Alberto e Alice, presentarono una denuncia contro due agenti della centrale e una psichiatra della Asl3 che avrebbe dovuto incontrare Alberto, visita poi rinviata, perché secondo loro erano stati sottovalutati gli allarmi e le richieste di aiuto.
L'esposto è stato recentemente archiviato perché secondo il giudice il delitto sarebbe stato imprevedibile e i tre imputati avrebbero agito correttamente. Alberto ieri era in aula, per la prima volta dopo il pestaggio avvenuto nel carcere di Sanremo che lo aveva portato in coma farmacologico. Dopo il pronunciamento della sentenza è rimasto in silenzio.
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