Congo, attaccate anche le ambasciate

I ribelli M23 incendiano il Nord Kivu, disordini a Kinshasa. "Cadaveri per le strade"

Congo, attaccate anche le ambasciate
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L'ex Zaire è in fiamme, e il conflitto rischia di espandersi. Dopo la conquista di Goma da parte dei miliziani filo-rwandesi dell'M23, si combatte nel Nord Kivu, così come oltre il confine col Rwanda e disordini si segnalano persino nella capitale Kinshasa, dove manifestanti congolesi hanno attaccato alcune ambasciate per denunciare la guerra nell'Est del Paese. Diversi incendi sono stati appiccati nell'area antistante le sedi diplomatiche di Stati Uniti, Francia, Paesi Bassi e Belgio, mentre quelle di Uganda, Kenya e Rwanda risultano vandalizzate. Il ministro degli Esteri francese, Jean-Noel Barrot, ha definito «inammissibili» gli attacchi, mentre il capo della diplomazia italiana Antonio Tajani ha avuto un colloquio telefonico con l'ambasciatore d'Italia a Kinshasa Dino Sorrentino per accertarsi delle condizioni dei connazionali presenti. Nella capitale sono registrati 150 italiani, a Goma ne sono rimasti 15, tra cooperanti e religiosi. Nessuno risulta per fortuna in pericolo di vita.

Ed è proprio nel capoluogo del Nord Kivu che la situazione si sta aggravando di ora in ora. Le milizie dell'M23 stanno attaccando la città per sfondare a Est verso la regione di Tshopo. L'esercito congolese, armato da Usa e Belgio, e rafforzato da 1.600 mercenari, si trova in grossa difficoltà e persino il sostegno dei caschi blu dell'Onu non sembra efficace a frenare la furia dei miliziani filo-rwandesi che hanno anche preso possesso dell'aeroporto internazionale di Goma. Al momento i morti accertati sarebbero oltre cento, i feriti almeno un migliaio. La Croce Rossa internazionale ha lanciato un appello al governo di Kinshasa affinché mobiliti ulteriori soldati a difesa del laboratorio Rodolphe Merieux, dove sono custoditi i campioni di Ebola e Marburg. Un proiettile o un raid di persone armate potrebbe liberare i virus letali con conseguenze inimmaginabili. Le ong dal canto loro parlano di migliaia di persone in fuga, di esecuzioni sommarie e di stupri perpetrati dai ribelli. La situazione umanitaria è deplorevole: è stato bombardato addirittura il reparto di neonatologia dell'ospedale generale Charité Maternelle che ha causato la morte di quattro neonati.

Il terzo fronte si è aperto a sorpresa a Rubavu, all'interno del territorio rwandese. La città, assieme alle vicine Kanama e Gisenyi, è stata colpita da missili terra-aria, in parte abbattuti dalla contraerea di fabbricazione cinese. Ci sono 5 vittime. Tutto questo sta accadendo, lo ricordiamo, allo scopo di ottenere una sorta di esclusiva sui giacimenti di coltan, diamanti e oro del Nord Kivu, con la «sponsorizzazione» in armi di Usa e Belgio per il Congo, e Russia e Cina per il Rwanda.

In ambito diplomatico il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa ha conferito ieri con l'omologo del Rwanda Paul Kagame, per discutere sulle violenze in corso.

Il governo kenyota ha annunciato che Kagame e il presidente congolese Felix Tshisekedi parteciperanno oggi a Nairobi a un summit di crisi sul conflitto. Ieri intanto a New York si è svolto il secondo vertice in appena tre giorni del Consiglio di Sicurezza dell'Onu che ripropone il presidente dell'Angola Joao Lourenço come mediatore.

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