
Riconosce i diritti del legislatore, ma sottolinea anche che è la Corte costituzionale il custode dei limiti del Parlamento. Giovanni Amoroso parla in conferenza stampa, dopo la presentazione della relazione sull'attività dell'Alta corte nel 2024. E spiega che le colonne d'Ercole del legislatore sono due principi su cui vigila proprio la Consulta: la ragionevolezza e la proporzionalità. «Il riconoscimento di nuovi diritti spetta al Parlamento - spiega Amoroso - e anche la loro estensione spetta alla dinamica della politica. Ma ai limiti generali del potere legislativo - prosegue il Presidente - sono riconducibili il canone della ragionevolezza e quello della proporzionalità, l'uno e l'altro sempre più ricorrenti nella giurisprudenza recente».
Può sembrare una frase tecnica e neutrale, invece queste parole ci precipitano nel cuore del conflitto fra potere politico e potere giudiziario. Il motivo è facilmente intuibile: ragionevolezza e proporzionalità possono portare la Corte molto lontano, eliminando norme che i giudici, in base a questi due criteri non sempre così definibili, ritengono non in linea con il nostro apparato legislativo.
Si restringe dunque lo spazio del legislatore, si amplia quello della magistratura che pattinando sull'articolo 3 della Costituzione - quello che predica l' uguaglianza da cui discendono appunto ragionevolezza e proporzionalità - taglia, cuce, riscrive. In qualche modo si sostituisce alla volontà popolare. Amoroso mette le mani avanti: «Non è accettabile che vi siano attacchi personali che delegittimano la magistratura», ma il tema dell'invasione di campo resta.
È un po' il senso del discorso svolto qualche giorno fa dal sottosegretario Alfredo Mantovano quando parlava, fra l'altro, di «creazione delle norme per via giurisprudenziale». Ecco, il creazionismo giudiziario è arrivato a cambiare le cornici edittali di alcuni reati, insomma il minimo e il massimo della pena che non rispetterebbero il canone della proporzionalità.
D'accordo, ma rispetto a che cosa? La proporzionalità, ancora più della ragionevolezza, sfugge ad un ancoraggio oggettivo e può innescare ribaltamenti e cancellature.
Insomma, i giudici della Consulta hanno due armi «segrete» che possono indebolire la forza del legislatore. Per la cronaca, Mantovano elenca altre due modalità di intervento a gamba tesa del potere giudiziario: «La sostituzione delle scelte del giudice a quelle del governo e la selezione per sentenza di chi deve governare». Ma è la prima tendenza quella forse più diffusa, con quello che Mantovano chiama lo «shopping fra le disposizioni di altri ordinamenti» europei. E dietro lo scudo dell'articolo 3 della Costituzione.
Amoroso osserva poi che «delle 212 pronunce della Corte ben 94 contengono dispositivi di
illegittimità costituzionale, ossia quasi il 50 per cento». E la percentuale continua a salire. È la magistratura che entra nel terreno della politica o è il Parlamento che scrive male le leggi? Forse sono vere tutte e due le cose.
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