Anche gli extracomunitari hanno diritto all'assegno per il nucleo familiare, e questo pure se alcuni dei componenti della famiglia sono residenti, temporaneamente, non in Italia ma nel Paese d'origine. Lo ha stabilito la Corte Costituzionale con una sentenza depositata ieri che porta la firma della vicepresidente della Consulta, Silvana Sciarra. Era stata la Corte di Cassazione a sollevare la questione di costituzionalità per i criteri di calcolo dell'assegno, meno favorevoli rispetto agli italiani per gli stranieri titolari di un permesso di soggiorno di lungo periodo o del permesso unico di lavoro. A ricorrere alla Suprema corte era stata invece l'Inps, dopo che i primi gradi di giudizio avevano, nel merito, dato ragione in virtù del diritto comunitario a un cittadino dello Sri Lanka e a un altro ricorrente straniero che si erano rivolti al giudice dopo che l'istituto di previdenza italiano aveva rigettato la loro richiesta di Anf per il periodo in cui i familiari dei richiedenti erano nel Paese d'origine.
Ora, appunto, è la Consulta che chiude la questione con la sentenza numero 67, spiegando che «i cittadini non europei, soggiornanti di lungo periodo e con permesso unico di lavoro, non possono essere trattati in modo diverso dai cittadini italiani nell'accedere al beneficio dell'assegno per il nucleo familiare, anche se alcuni componenti della famiglia risiedono temporaneamente nel paese di origine». E a garantire parità di trattamento devono essere proprio i giudici, tenuti, spiega la sentenza della Corte Costituzionale, «ad applicare il diritto europeo». Anche «disapplicando all'occorrenza» le norme nazionali in contrasto con il diritto dell'Unione. Il cui primato, si legge nella decisione, è il principio che costituisce «l'architrave su cui poggia la comunità di Corti nazionali, tenute insieme da convergenti diritti e obblighi». Già la Corte di giustizia della Ue, rispondendo ai due rinvii pregiudiziali della Cassazione, aveva ribadito che la disciplina italiana dell'assegno familiare era «non compatibile» con quanto stabilito dalle direttive europee sui soggiornanti di lungo periodo e sul rilascio di permesso unico di lavoro, e adesso è la Consulta a rilevare come da quelle direttive derivi dunque l'obbligo di non differenziare il trattamento dei cittadini di Paesi terzi regolarmente soggiornanti.
La questione ora ritorna all'Inps, che dovrebbe, come spiega l'avvocato Alberto Guarisio dell'Associazione per gli studi giuridici sull'immigrazione, applicare direttamente quanto stabilito ieri dalla Corte Costituzionale, «riconoscendo a tutti i lavoratori non europei che si trovano nel nostro Paese, con i documenti in regola, il diritto a ricevere l'assegno per il nucleo familiare anche se hanno mogli e figli che sono rimasti nel paese di origine».
E l'uguaglianza imposta dal diritto europeo ha anche effetti retroattivi, aggiunge Guarisio. Perché chi aveva chiesto, invano, l'assegno, vedendosi negato il beneficio, adesso «può chiedere gli arretrati per gli ultimi cinque anni, fino allo scorso 28 febbraio», conclude il legale dell'Asgi.
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