Consulta: libertà ai single di adottare bimbi stranieri

Incostituzionale la norma che li escludeva. Il ministro Roccella: "L'opzione migliore resta il contesto con mamma e papà"

Consulta: libertà ai single di adottare bimbi stranieri
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Un altro steccato nel campo dei diritti civili cade per decisione della Corte Costituzionale: ma stavolta, a differenza che in occasioni analoghe, sulla Consulta non piovono accuse di essere andata aldilà delle sue competenze e di essersi sostituita al Parlamento. A venire abrogata dalla sentenza depositata ieri è la norma del 1983 che regola le adozioni internazionali consentendo l'accesso unicamente alle coppie sposate. Era una norma, dice la sentenza di ieri, non più al passo con i tempi, superata dall'evoluzione del concetto di famiglia. E che aveva come conseguenza diretta la riduzione delle chance di minori abbandonati di trovare accoglienza in un ambiente migliore.

La sentenza si muove su un terreno delicato, perché va a incrociare tematiche su cui invece la politica è divisa, dalla fecondazione assistita alle adozioni da parte di coppie omosessuali. Ma sono gli stessi giudici costituzionali a scrivere: «tale questione non è oggetto dell'odierno giudizio».

La norma cancellata prevedeva che «l'adozione è consentita a coniugi uniti in matrimonio da almeno tre anni». Da oggi, invece, anche «le persone singole residenti in Italia possono presentare dichiarazione di disponibilità a adottare un minore straniero» e affrontare il percorso che ne stabilisca l'idoneità, dimostrando di «essere affettivamente idonei e capaci di educare, istruire e mantenere i minori che intendono adottare». Solo successivamente potranno iscriversi alle liste d'attesa nei paesi poveri da cui proviene la quasi totalità delle adozioni internazionali.

A dover essere tutelato, sottolinea la sentenza, sono i diritti del bambino e non i desideri dell'aspirante: «Non si può evidentemente parlare di una pretesa o di un diritto alla genitorialità». Ma oltre al mutare dei costumi, è la crisi delle «vocazioni» a venire indicata dalla Consulta come un buon motivo per cambiare la norma. Le statistiche, dice la Corte, «documentano il passaggio, nel caso dell'adozione internazionale, da quasi settemila domande nel 2007 a una stima di circa cinquecento domande per il 2024». In questo quadro, «escludere a priori i non sposati» aveva la conseguenza di «limitare la platea dei potenziali adottanti e, dunque, di ridurre le possibilità per i minori di essere adottati».

A ricorrere alla Corte Costituzionale era stato il tribunale dei Minori di Firenze, accogliendo la richiesta di Raffella Brogi, 54enne magistrata toscana e aspirante genitore adottivo, avanzata nel 2019 e già respinta una volta: «Sento che c'è un bambino che mi sta aspettando», dice ieri al Corriere fiorentino. Nel giudizio davanti alla Consulta, la presidenza del Consiglio aveva chiesto che il ricorso venisse respinto anche per non creare una situazione paradossale: consentiti ai single le adozioni internazionali, ma non quelle in Italia, regolate da un'altra legge. La Corte nella sentenza di ieri fa sapere di essere pronta a estendere la portata della decisione appena se ne presenterà l'occasione.

Il ministro della Famiglia, Eugenia Roccella di Fratelli d'Italia, sottolinea che comunque la sentenza non equipara le famiglie tradizionali alle monoparentali: «E' ovvio - fa sapere - che nell'interesse del minore l'opzione migliore è e resta l'adozione in un contesto familiare con la mamma e il papà. E la stessa sentenza della Corte ribadisce la legittimità di una indicazione di preferenza per le adozioni da parte delle coppie di coniugi».

Per Tullio Ferrante e Maria Vittoria Brambilla di Forza Italia «la pronuncia della Corte Costituzionale rappresenta un grande passo in avanti», per Mara Carfagna di Noi Moderati è «una svolta importante»; per Ivan Scalfarotto di Italia Viva e Alfredo Bazoli del Pd ora serve che il Parlamento vari una riforma complessiva del sistema delle adozioni.

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