Il contatto Xi-Putin e l'"intesa speciale". Patto di ferro degli autocrati contro Trump

Colloquio tra i leader. Zelensky al tycoon: occhi all'Europa

Il contatto Xi-Putin e l'"intesa speciale". Patto di ferro degli autocrati contro Trump
00:00 00:00

Premessa. Se nel corso della loro ennesima amichevole telefonata di un'ora e mezza Xi Jinping e Vladimir Putin sentono il bisogno di sottolineare che essa non ha nulla a che vedere con circostanze del momento, è perché è vero l'esatto contrario: il leader cinese e quello russo, infatti, hanno fatto ieri il punto sulla gran quantità di novità portate dal ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca e in buona parte ribadite nel suo discorso d'insediamento. Hanno espresso preoccupazioni e discusso di misure reattive.

Xi e Putin confermano i cardini della loro «intesa speciale»: primo fra tutti l'azione comune «per un ordine mondiale multipolare più equo», ossia per il superamento di quello attuale incentrato sull'egemonia occidentale a guida statunitense. Cina e Russia intendono continuare a svolgere insieme «un importante ruolo stabilizzante internazionale d'intesa con altri Paesi sulla stessa linea»: in altre parole, Trump o non Trump, l'Asse mondiale delle autocrazie anti occidentali continuerà ad agire (in realtà, destabilizzando invece di stabilizzare) d'intesa con altre dittature guerrafondaie come Iran, Corea del Nord e altre minori. Una di queste era la Siria di Assad, il cui regime è però crollato lo scorso 8 dicembre.

Preoccupano Xi e Putin anche altre dichiarazioni del nuovo presidente americano. Quelle sul ritiro Usa dagli accordi sul clima e dall'Organizzazione mondiale della Sanità, dipinti come gesti irresponsabili a danno dell'umanità intera, dei cui interessi i due dittatori amano porsi come protettori. Proteste anche per la decisione di Trump di inserire il regime filorusso di Cuba nella lista nera americana dei Paesi che sostengono il terrorismo. «Ecco svelato il volto egemonico e autoritario degli Stati Uniti», ha tuonato il portavoce del ministero degli Esteri di Pechino, che non solo considera invece legittime le prepotenze cinesi ai danni dei suoi vicini nei mari condivisi, ma liquida le minacce a Taiwan come «questione interna».

Più di tutto sembra preoccupare Cina e Russia l'aggressiva postura trumpiana verso il Canale di Panama. Pechino nega che il suo Paese controlli in alcun modo (come invece pretende Trump) i transiti dalla via d'acqua, mentre Mosca che da 11 anni infrange ogni regola aggredendo militarmente l'Ucraina pretende dagli Stati Uniti il rispetto del regime giuridico internazionale che regola il Canale. In particolare ricorda in astratto non senza ragione che Stati Uniti e Panama si sono assunti nel 1977 il dovere di proteggere il Canale da ogni minaccia alla sua neutralità.

Sullo sfondo c'è, naturalmente, l'Ucraina. Che Trump nemmeno ha citato nel suo discorso di lunedì, mentre ieri si è limitato a suggerire a Putin di porre fine a quella guerra «perché ha portato la Russia in grossi guai».

Putin aspetta di capire come Trump voglia davvero far finire il conflitto: i preparativi per l'annunciato incontro tra i due vanno a rilento. Intanto, al Forum di Davos, Volodymyr Zelensky prega Trump di capire che l'Europa deve rimanere al centro degli interessi americani, e che l'Ucraina intende farne parte nel prossimo futuro.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica