Luigi Di Maio si è opposto alla linea di Giuseppe Conte per il Quirinale e ora ne deve pagare le conseguenze: l'aria che circola in casa grillina è percepibile.
Pure la cerchia ristretta dei fedelissimi del ministro degli Esteri tende ad abbandonare la nave dell'uomo che si tolse la cravatta per decretare, con un gesto simbolico, la fine della sua leadership ma non del suo peso politico. Il punto che l'ex premier giallorosso e gialloverde non riesce a digerire è proprio questo: l'esponente di Pomigliano d'Arco sarà anche fuoriuscito dai confini delle sue facoltà politiche ma ha comunque vinto, dando un contributo per la rielezione del presidente Sergio Mattarella, dimostrando di poter guidare ancora i processi del mondo grillino. Giuseppe Conte, al contrario, è stato smentito dai fatti.
Di Maio ha un peso che Conte non controlla, come tanti retroscena pre-quirinalizi hanno dimostrato, e adesso l'ex "avvocato degli italiani" vuole risolvere il problema alla radice, operando un taglia-fuori. La partita del Quirinale come scusa - proprio quello che viene rimproverato a Di Maio - per ribaltare pesi e contrappesi interni al partito, privando il diretto competitor della prossimità di un manipolo di parlamentari.
Persino gli esponenti grillini considerati indipendenti ma provenienti da un percorso che precede l'ascesa dell'ex presidente del Consiglio chiedono un confronto serrato. É il caso dell'onorevole Luca Carabetta che da parte sua incalza: "Il gruppo parlamentare del M5S aveva dato mandato pieno per condurre le trattative a Giuseppe Conte e alla sua delegazione - dice a IlGiornale.it - . Stando alle notizie stampa ci sarebbero stati dei tentativi - poi riusciti - di affossare il nome di Belloni, sul quale comunque si stava costruendo un’ampia convergenza".
Insomma il capo della Farnesina avrebbe - come rivelato da Il Foglio - telefonato al ministro della Difesa Lorenzo Guerini, che viene dato abbastanza distante dalle posizioni della sua corrente d'origine, ossia Base Riformista (quella che ha proposto il nome della Belloni), per concordare una contromossa rispetto alla chiusura semi-annunciata da Conte e Salvini.
Così facendo, Luigi Di Maio avrebbe scavalcato le dinamiche predisposte dal MoVimento 5 Stelle per trattare sul Colle: "Probabilmente - continua Carabetta - con l’aiuto di tutti avremmo avuto la prima Presidente della Repubblica donna, tra l'altro di estremo valore. Ci confronteremo internamente per dare la possibilità a ciascuno di dire la propria". É in quel "ci confronteremo" che si nasconde la vera natura del piano di Conte: un'assemblea dove inchiodare il ministro degli Esteri alle sue "responsabilità".
Sono in pochi, nel corso di queste ore, a difendere a spada tratta il loro riferimento politico. A prevalere sono toni per lo più moderati: il timore è che Conte, spalleggiato da Beppe Grillo che aveva persino twittato dando per fatta l'elezione al Colle della Belloni e che ieri è sceso in campo in prima persona, possa riuscire nel suo intento.
"L'asse del MoVimento 5 Stelle si è spostata - ci avverte un parlamentare - . Ora Conte e Grillo la pensano alla stessa maniera e Luigi Di Maio rischia l'isolamento politico". L'isolamento, certo, ma anche la "ghigliottina" di cui sopra. Quella cui sta contribuendo Il Fatto Quotidiano.
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