Il tempo stringe, i numeri ancora non ci sono e la strada è in salita. Giuseppe Conte sa bene che il suo piano è tanto ambizioso quanto complesso; eppure, il dado è ormai tratto e non si può più tornare indietro.
Il patto con l'Udc
Il premier ha bisogno di voti per ridicolizzare l'assalto di Matteo Renzi e rendere vana l'uscita di scena di Italia Viva. Difficile - ma non impossibile - ricucire lo strappo con il senatore fiorentino. E allora via alle trattative per ampliare la maggioranza giallorossa. Così da includere nuove teste e, al tempo stesso, gettare le fondamenta per la costruzione di un nuovo progetto politico.
Secondo quanto riportato da Repubblica, tutto (o quasi) ruota attorno all'Udc, partito dai numeri irrisori tornato improvvisamente sotto la luce dei riflettori. L'Unione dei democratici cristiani e democratici di centro è fondamentale per porre le basi di ipotetico partito di Conte. Una creatura politica che dovrà fungere da contenitore di moderati di ispirazione cattolica, e che sarà europeista e liberale, nonché costola italiana del Ppe.
Doppio obiettivo
Se da un lato lo scopo di Conte è quello di superare la prova della fiducia in parlamento, dall'altro si vocifera delle intenzioni del premier di imbarcare il suo progetto nel mare della politica. Detto altrimenti, il premier non è soltanto alla ricerca di "responsabili" per puntellare la maggioranza.
A proposito dei "responsabili", i contatti tra il presidente del Consiglio e gli esponenti dell'Udc sono ancora in corso. Il segretario Lorenzo Cesa ha affermato di non essere interessato alle lusinghe del premier, senza tuttavia nascondere "la preoccupazione per il Paese". Dunque, tutti gli scenari sono ancora possibili. A maggior ragione se consideriamo le parole uscite dalla bocca di Paola Binetti, senatrice proprio dell'Udc ("Se Conte apre ai nostri valori è possibile pensare a una nostra presenza al governo"), e la pressione del mondo dell'associazionismo, che spinge per l'intesa con il premier.
Una coperta troppo corta
In tutto questo, il Maie (il Movimento degli italiani all'estero) non vuole essere da meno. I "responsabili" sarebbero sì pronti a sostenere Conte, ma vorrebbero in cambio una rappresentanza nell'esecutivo. Lo stesso vale per l'Udc, ingolosita dal ministero della Famiglia. Il problema, per il premier, è che la sua coperta rischia di essere troppo corta. In altre parole, non tutti potrebbero essere accontentati.
I numeri, poi, in Senato sono tremendamente incerti. Togliendo i 18 senatori di Italia Viva, Conte parte da una base di 151 voti. Calcolatrice alla mano, al premier ne servono almeno altri dieci per tirare un sospiro di sollievo. In una ipotetica previsione, due o tre voti potrebbero arrivare proprio da Iv, un paio dagli ex grillini, tre dai senatori a vita e qualcuno dall'Udc. C'è però il rischio di arrivare a una maggioranza assoluta d'un soffio o, peggio, di centrare una maggioranza relativa.
A quel punto, sapendo che governare con quei numeri sarebbe pressoché impossibile, Renzi sarebbe pronto a riaprire la partita giocando la carta dell'astensione tattica. Una premessa, questa, che potrebbe consentire di riprendere il dialogo interrotto con il ritiro dei ministri Bellanova e Bonetti. Ma che avrebbe già indispettito Clmenete Mastella, emblema dei "responsabili".
La replica dell'Udc
In un secondo momento, dopo i rumors che avevano coinvolto direttamente il partito, l'Udc ha diffuso una nota ufficiale in cui ha chiarito la propria posizione. "Non si può gettare il Paese nella palude e nel caos! Gli italiani sono stanchi e stremati. Non ci prestiamo a giochi di palazzo e stiamo nel Centrodestra. Continueremo a lavorare in questo frangente drammatico per il bene del Paese.
I nostri valori non sono in vendita", si legge nel comunicato proveniente dall'ufficio stampa nazionale Udc. A giudicare da queste parole, la sensazione è che Conte dovrà rivedere, ancora una volta, la sua strategia per evitare la debacle politica.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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