In tempo di guerra Giuseppe Conte rispolvera la «linea del Piave» per dire no «a un'escalation militare che potrebbe assumere proporzioni sempre più vaste e incontrollabili». Parrebbe un no secco all'invio di armi pesanti all'Ucraina, prospettato da alcune indiscrezioni degli scorsi giorni e poi parzialmente ridimensionato. Ma Conte pattina anche su questo punto. «Non è tanto una distinzione tra armi leggere e pesanti, ma quanto dal punto di vista della funzionalità e dell'utilizzo degli armamenti», cerca di reggersi in equilibrio il leader del M5s. Sospeso tra la voglia di mandare sotto il governo in un voto in Aula sugli armamenti (ma, assicura, «non spaccheremo la maggioranza», e la necessità di non rompere con il Pd. Perché, dato non trascurabile, a giugno ci saranno le Amministrative in molti Comuni importanti, tra cui capoluoghi come Genova, Palermo e Catanzaro. Proprio in queste tre città il Movimento si presenta a rimorchio del partito guidato dall'atlantista Enrico Letta. Senza i dem, insomma, i grillini rischiano di non eleggere consiglieri comunali.
Perciò Conte, dopo il consiglio nazionale del M5s convocato in mattinata con i vicepresidenti, i capigruppo e i referenti tematici, usa come bussola l'articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite. «Il M5s si oppone all'invio di aiuti militari e a controffensive che esulino dal perimetro del legittimo esercizio del diritto di difesa di cui all'articolo 51 della Carta dell'Onu». Un articolo dalla formulazione stringata e vaga, che può prestarsi a varie interpretazioni. Come quelle di chi, anche nello stesso M5s, «considerata superata la distinzione tra armi difensive e offensive, alla luce dell'aggressività di Mosca». Un deputato con il Giornale scherza: «Vorrà dire che manderemo i carri armati, ma metteremo i fiori al posto delle munizioni». Mentre al Senato è più compatta l'ala di chi si oppone all'invio a Kiev di artiglieria pesante.
Il capo pentastellato allora chiede trasparenza. «Abbiamo chiesto al premier Draghi e al ministro Guerini di riferire in Parlamento in modo che ci sia piena condivisione sull'indirizzo politico e piena possibilità di conoscere gli interventi programmatici del governo sulle armi all'Ucraina», spiega Conte dopo aver riunito i vertici del partito. L'ex premier punta a un nuovo confronto con Draghi per ammorbidire il sostegno militare agli ucraini. Per un parlamentare del Pd «Conte con il suo ostruzionismo può mettere a rischio l'alleanza».
L'altro tema è il caso di Vito Petrocelli. Il senatore filo-russo sarà espulso dal M5s, ma resta il nodo del suo incarico di presidente della commissione Esteri a Palazzo Madama. «Sosterremo ogni scelta per rimuoverlo dalla presidenza della commissione», dice Conte. E torna l'ipotesi dello spostamento in un'altra commissione dopo la rimozione dal gruppo grillino. In Senato si chiama in causa il precedente del senatore centrista Renzo Gruber nella XIII legislatura, dirottato in una commissione diversa e fatto decadere dalla carica di vicepresidente della commissione precedente. «Sosterremo ogni scelta per sostituire Petrocelli», incalza la capogruppo dem in Senato Simona Malpezzi. E, su richiesta del presidente dei senatori di Italia viva Davide Faraone, il Senato ha convocato per oggi alle 19 e 30 una riunione della Giunta per il regolamento di Palazzo Madama per esaminare una possibile via d'uscita dall'impasse.
Nel M5s tiene banco anche il post contro la guerra sul Blog di Beppe Grillo dal titolo «La guerra non è più una scelta».
Nel passo si porta l'esempio del Costa Rica che ha smantellato il suo esercito nel 1948 «ed è l'unico Stato della regione a non essere stato invaso o usato come base dagli Usa». E qualche parlamentare già mugugna: «Ora che abbiamo l'accordo con il Blog di Grillo, bisogna chiedersi se questo post è stato approvato prima da Conte oppure rappresenta solo un'opinione di Beppe».
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