Conte al Quirinale per l'incarico: "Non sarà un governo contro"

Il premier ora dovrà tirare le fila del negoziato tra i due partiti. Da Rousseau ai vicepremier la strada non è spianata

Conte al Quirinale per l'incarico: "Non sarà un governo contro"

Da premier dimissionario e "sfiduciato" dai suoi alleati a premier incaricato di formare un nuovo governo. Giuseppe Conte accetta "con riserva" l'incarico che gli viene affidato da Sergio Mattarella e "risorge" dalle ceneri dell'esecutivo gialloverde per restare a Palazzo Chigi. Archiviata la Lega, a sostenerlo stavolta c'è il Pd di Nicola Zingaretti.

"Preciso subito che il mio non sarà un governo 'contro' ma un governo 'per'", ha sottolineato Conte rimarcando la distanza dall'esecutivo uscente. "Per il bene dei cittadini, per modernizzare il Paese e rendere la nazione più competitiva, giusta, solidale, inclusiva. Ho accettato l'incarico con riserva, oggi stesso avvierò le consultazioni con tutti i gruppi parlamentari". Il premier, quindi, spiega che questo è "un momento delicato, l'economia globale sta rallentando, ci separano poche settimane dall'inizio della sessione di bilancio. Dobbiamo metterci subito al lavoro per una manovra che eviti l'aumento dell'Iva. Dobbiamo uscire al più presto dall'incertezza politica innescata dalla crisi di governo".

Nel suo discorso, Giuseppe Conte annuncia che quello giallorosso sarà un governo che apre ad una "ampia stagione riformatrice, realizzerò un governo nel segno della novità. Dobbiamo adoperarci per trasformare questo momento di crisi in opportunità e occasione di rilancio". Il premier, quindi, ha fissato quali sono i suoi obiettivi ("Un Paese dove tutti paghino meno tasse") ma ha anche confessato di aver avuto qualche dubbio all'inizio: "La prospettiva di avviare una nuova esperienza di governo con una maggioranza diversa dalla precedente mi ha sollevato più di qualche dubbio, ma ho superato le perplessità".

Ma ora si dice pronto a lavorare, "la squadra di lavoro che sarà formata si dedicherà incessantemente a offrire ai nostri figli l'opportunità di vivere in un Paese migliore" e nei prossimi giorni "scioglierò le riserve".

In 14 mesi alla guida dell'Italia, il premier incaricato si è trasformato. Da sconosciuto ai più a protagonista della politica, da "garante terzo" di un contratto stipulato tra forze politiche tanto diverse tra loro a esponente di spicco del partito di maggioranza relativa, da "notaio" e "paciere" tra gli alleati a diretto negoziatore di un nuovo matrimonio tra compagini probabilmente non così lontane tra di loro (nonostante gli insulti reciproci che si sono rivolti in passato).

Se sarà un "pateracchio" che non arriverà a fine legislatura o se si tratterà di un governo solido capace di creare una nuova sinistra e di durare quattro anni, lo sapremo solo col tempo. Di certo la strada è tutt'altro che spianata. Al momento, infatti, M5S e Pd hanno annunciato solo che c'è un accordo per un "tentativo" di formare il governo. E si è sbloccato solo il veto posto inizialmente proprio su Giuseppe Conte. Ma, anche se Luigi Di Maio chiede che si parta dai contenuti, sono le poltrone a spaccare ancora i due partiti. In particolare quella di vicepremier, con lo stesso Di Maio che insiste per restare a Palazzo Chigi e Nicola Zingaretti che vuole imporre uno dei suoi.

E poi c'è ancora l'incognita Rousseau, la piattaforma grillina che sarà probabilmente consultata prima che Conte sciolga le sue riserve. Il voto della base 5S arriverà certo a trattativa già finita - e difficilmente boccerà l'accordo -, ma la possibilità che siano le urne online a decretare il sì al governo ha già spaccato la nuova maggioranza.

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