E alla fine il governo dell'inciucio ce l'ha fatta: è nato. Il Pd e il M5S hanno fatto di tutto pur di tenersi strette le proprie poltrone. Si sono dettati punti, si sono spartiti i ruoli e gli incarichi e hanno dato vita a questo governo giallorosso. Un governo che parte traballante visto che stanno già litigando. Non solo i gialli e i rossi non sono d'accordo sul da farsi, ma addirittura nei rispettivi partiti ci sono le spaccature. Matteo Salvini lo ha definito un governo il cui "unico collante è l'odio verso la Lega" e si chiede che cosa abbiano in comune i due partiti. Questo non si sa ancora, quello che è certo è che Sergio Mattarella domani mattina darà l'incarico a Giuseppe Conte. E proprio questa figura, la figura "dell'avvocato del popolo" è interessante analizzare.
Giuseppe Conte, infatti, si è presentato lo scorso anno agli italiani come lo sconosciuto avvocato del popolo. In questi 14 mesi di governo gialloverde ha fatto più da mediatore che da premier. C'è da dirlo, perché quando Lega e Movimento Cinque Stelle si prendevano a coltellate lui metteva la pace. Dava un po' a uno e un po' all'altro. Accontentava i gialli con il reddito di cittadinanza e accontentava i verdi con Quota 100 e il dl Sicurezza bis (salvo poi per rimangiarsi tutto e dire che qualcosa va rivisto in questo decreto). Conte era un figurante, un paciere che interveniva per non far saltare tutto.
Questo è stato il suo ruolo fino a quando la Lega ha presentato la mozione di sfiducia contro di lui. Poi il 20 agosto qualcosa è cambiato. Il giurista, in Senato, si è portato un lungo discorso contro il suo (ormai ex) vicepremier leghista e gliene ha dette di tutti i colori. E dopo le bordate ha confermato che "il governo finisce qui". Certo, il governo gialloverde è finito il 20 agosto, ma la sua cavalcata politica no. Proprio da quel 20 agosto, Conte ha iniziato a schierarsi, ha abbandonato il ruolo "superpartes" dell'avvocato del popolo e ha iniziato a tifare con tutte le sue forze M5S. Ha iniziato a tifare talmente tanto forte che si è preso tutta la scena, mettendo all'angolo Luigi Di Maio (senza che Di Maio se ne accorgesse). Proprio quel Di Maio che appena avviata la trattativa con i dem ha posto una condizione: il Conte-bis. E mentre Giggino ribadiva il nome di Conte come premier, l'avvocato del popolo - o forse sarebbe meglio definirlo l'ex avvocato del popolo - guardava il suo orticello. Come? Iniziando le trattative con il Pd.
Ricorderete, infatti, che al primo incontrio fra M5S e Pd di Conte - giustamente - non c'era traccia. Poi, magicamente è comparso pure lui e ha iniziato a trattare fino a portare alla conclusione l'accordo. Il premier ha iniziato a trattare quando si è reso conto che tutto stava per saltare perché i gialli e i rossi non riuscivano proprio a trovare almeno un punto in comune. (Forse perché non ce l'hanno) Ma questo lui non poteva permetterlo, non poteva tornare indietro, non poteva (ri)tornare nel mondo degli sconosciuti e così ha pure convinto Nicola Zingaretti. L'accordo si è fatto, il Conte-bis c'è, ora c'è da sistemare soltanto le poltrone e rafforzare il "potere" del premier.
Ma il ruolo di Conte non finisce qui, non si limita ad essere presidente del Consiglio. Conte ora detta i tempi e l'agenda politica. Sarà proprio lui a sciogliere il nodo del vicepremier. I dem, infatti, chiedono che ci sia soltano un vicepremier di colore rosso, visto l'orientamento politico (dichiarato) del premier. Ma i grillini non ci stanno: vogliono poltrone. Tante poltrone. Ma tutto è in mano di Giuseppe Conte.
Sarà lui a decidere anche il destino del fedelissimo Luigi Di Maio che ha fatto di tutto pur di averlo ancora come "capo". Gli verrà concessa una bella (e comoda) poltrona? Ora in scena c'è soltanto Conte. Rossi e gialli avvisati.
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