Il Domani di Carlo De Benedetti annuncia con enfasi la partecipazione di Giuseppe Conte alla festa nazionale dell'Unità dem: sono prove di «campo largo». A Ravenna, il prossimo nove settembre, le differenze di narrazione tra Partito Democratico e Movimento 5 Stelle inizieranno a sfumare. Sino all'inevitabile abbraccio tra Elly Schlein (che chiuderà l'evento) e l'ex premier gialloverde e giallorosso. É la reunion più telefonata della cronaca politica recente: giusto un anno per far finta di stare distanti quel tanto che basta. Magari per convincere gli elettori dell'esistenza di qualche distinguo. Nessuno dei due partiti, d'altro canto, può significare molto senza l'altro. I sondaggi attuali raccontano di un 19% per il Nazareno e di un 16% per la creatura fondata da Beppe Grillo. Insieme non si va lontano - penseranno le rispettive dirigenze - ma da soli non si parte proprio. Comunque le feste di partito hanno da sempre un portato simbolico. Con i Verdi di Angelo Bonelli, la Sinistra italiana di Nicola Fratoianni e + Europa di Riccardo Magi a completare il quadretto. Chissà se Calenda e Azione, infine, avranno - come sembra - il coraggio di fare il passo decisivo verso quella zona di campo. Con buona pace delle liberali Gelmini e Carfagna e tutti coloro che avevano davvero visto nell'ex ministro il leader di un progetto terzo.
Azione, al momento, ha smentito di netto, parlando di «gossip», qualunque voce di avvicinamento al Nazareno. Ma le spinte da fuori, quello che i politologi chiamano il «fattore esogeno», e la necessità politica di occupare uno spazio di qualche tipo, suggeriscono l'imminenza di un'altra scelta. Non sarebbe la prima idea modificata dagli azionisti in corso d'opera, in relazione alle alleanze.
Proprio Pd, 5Stelle, Azione, Verdi, Sinistra ed ex radicali saranno gli attori che si siederanno oggi con la Meloni a Palazzo Chigi per parlare di salario minimo. Si direbbero ulteriori prove, finanche anticipate, di «campo largo». Tanto rumore, compresa la separazione alle scorse elezioni politiche, per poi tornare allo schema che avrebbe voluto Enrico Letta, all'alleanza estesa immaginata da Romano Prodi e concretizzata tempo fa dall'Ulivo. Le elezioni europee, con il listone progressista a cui sta già lavorando la Schlein (Pd, + Europa, Verdi e Sinistra insieme), saranno un banco di prova. La somma tra i partiti, 5S compresi, ci dirà se la coalizione delle opposizioni ha ancora senso di esistere o no. Di sicuro il riavvicinamento di Conte è, per quella parte di dirigenza dem filo-Schlein, un segnale di vita a sinistra. Per Bonaccini, Base riformista e i pochi moderati rimasti nel Pd, il ritorno ufficiale di Conte non può che rappresentare una sventura. Il salario minimo, con la proposta del capo dei 5S controfirmata da tutte le formazioni nominate sinora (e non da Italia viva), è il trait d'union naturale per fornire un primo motivo di compattezza all'esterno. Goffredo Bettini, plenipotenziario romano e stratega di infinite fasi, non parla da un po' ma il suo piano si sta concretizzando: «Ci ritroveremo», aveva detto al Fatto Quotidiano a febbraio scorso. La verità è che Movimento 5 Stelle e Pd non si sono mai lasciati. Al limite, hanno simulato una separazione provvisoria. Conte era arrivato a definire il Pd «partito dell'establishment», in una sua improvvisa ma non inedita fase antisistemica, dopo il governismo giallorosso e quello draghiano.
Ora è tempo di tornare a braccetto.E Renzi? Fonti vicine all'ex premier fanno sapere che il suo progetto sarà centrista, ossia senza alcuna possibilità di far parte di alleanze organiche con Pd e 5Stelle. Gli azionisti, in caso, saranno soli.
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